Per la Brexit il tempo stringe e il disastro va evitato
La pantomima britannica è un tradizionale spettacolo natalizio, nel quale alcuni personaggi-tipo si trovano di fronte a pericoli immaginari, e nel quale gli spettatori sono incoraggiati a partecipare – “Attento! È dietro di te!”– ma che non spaventa mai i bambini e ha sempre un lieto fine.
Il primo ministro Boris Johnson potrebbe essere un personaggio da pantomima: fa lo spaccone, s’infuria, prende rischi terribili, ma sembra sempre uscirne indenne. Dopo la sua ultima mossa, un diplomatico britannico ha stancamente affermato: “Ci stiamo abituando a essere parte della pantomima di Johnson”. Ma stavolta le cose potrebbero non finire bene.
“I negoziati commerciali sono finiti”, ha dichiarato il portavoce di Johnson il 17 ottobre. “È l’Unione europea che di fatto li ha chiusi, affermando di non voler cambiare la sua posizione nella trattativa”. Il portavoce non ha detto, naturalmente, che anche Johnson non intende cambiare la sua posizione nella trattativa.
Pura fantasia
Nella maggior parte dei negoziati, compresi quelli attualmente in corso tra Ue e Regno Unito per stabilire le relazioni commerciali tra gli ex partner dopo la Brexit, la stretta finale è sempre la più difficile da gestire. Una delle parti, solitamente quella per cui le trattative non stanno andando troppo bene, minaccia di far saltare tutto e ritirarsi dal negoziato.
Con Johnson era praticamente certo che sarebbe accaduto. Il premier britannico è infatti noto per stabilire scadenze e lanciare minacce inconsistenti su quel che accadrà se le cose non andranno come vuole lui entro la data stabilita. Michel Barnier, il capo negoziatore dell’Ue, lo ha addirittura preso in giro per questo la settimana scorsa. “È la terza scadenza unilaterale che Johnson impone senza un accordo”, ha dichiarato Barnier. “Abbiamo ancora tempo”.
Un accordo commerciale post-Brexit, niente di straordinario per il Regno Unito ma molto meglio di niente, è probabilmente ancora possibile. Il problema è che Johnson ha vinto le elezioni dello scorso dicembre affermando di poter “assolutamente garantire” che avrebbe ottenuto un “fantastico” accordo di libero scambio. A sentire lui era “fatto e finito”.
Johnson sta cercando di strappare una o due vittorie simboliche, minacciando di abbandonare i negoziati senza un accordo
Già all’epoca Johnson doveva sapere che si trattava di pura fantasia. Ma adesso questo significa che ha bisogno di alcune “vittorie” di peso per oscurare il fatto che l’accordo commerciale – se mai ce ne sarà uno – che scatterà alla fine dell’“anno di transizione” del Regno Unito, il 31 dicembre, sarà davvero poca cosa. Niente di lontanamente paragonabile all’accordo di libero scambio totale di cui beneficiava il Regno Unito in qualità di membro dell’Ue.
Johnson sta quindi cercando di strappare una o due vittorie simboliche, minacciando di abbandonare i negoziati senza un accordo. È molto improbabile che la mossa abbia successo, perché sta tirando la corda con un avversario che guida un camion enorme (l’Ue ha una popolazione di 450 milioni di persone e un pil di 16mila miliardi di dollari), mentre lui è al volante di una Mini (il Regno Unito ha 68 milioni di abitanti e un pil di 2.800 miliardi di dollari).
Questione di apparenze
Nelle trattative commerciali è l’economia più forte che guida le danze, e i negoziatori dell’Ue immaginano quindi che Johnson stia bluffando. Dopo tutto hanno smascherato un bluff molto simile lo scorso anno, e Johnson è crollato. Di sicuro, immaginano, darà semplicemente una breve dimostrazione d’audacia, e poi rientrerà nei ranghi come ha fatto l’ultima volta.
In teoria dovrebbero aver ragione, perché il Regno Unito soffrirà molto più dell’Ue in caso di mancato accordo commerciale. Tuttavia la posizione di primo ministro di Johnson è al sicuro, indipendentemente da quanto deluso e arrabbiato sarà il suo elettorato, poiché il leader conservatore può godere di un’ampia maggioranza in parlamento, e alle prossime elezioni mancano ancora quattro anni.
La sua posizione rischia tuttavia di scricchiolare qualora i fanatici sostenitori della Brexit, all’interno del suo stesso partito, dovessero stabilire che ha fallito. La sua decisione finale sarà presa in base a quale esito lo danneggerà di meno all’interno del suo stesso partito, e la cosa è una questione d’apparenze.
Dato che sono le uniche persone di buon senso in questa situazione, i diplomatici dell’Unione europea farebbero bene ad aiutare Johnson a trovare il modo di mascherare la sua sconfitta, ma ci sono pochi segnali che questo stia effettivamente accadendo. Il loro disprezzo per la strategia di Johnson potrebbe far sì che non gli offrano un’ancora di salvataggio. A quel punto Johnson, famoso per il suo tergiversare, potrebbe allungare le trattative fino a quando non ci sarà più tempo.
Il tempo è poco, e ogni governo ha presentato molte richieste in conflitto tra loro. Praticamente ogni singolo paese d’Europa fa i conti con l’aumento delle infezioni di covid-19, e il governo del Regno Unito è già distratto dalla protesta che monta contro la sua incompetente gestione della pandemia. I negoziati commerciali tra Ue e Regno Unito andranno avanti, e c’è ancora margine per alcuni colpi bassi. Ma se si arrivasse all’ultimo momento, potrebbero non avere esito positivo.
La scadenza di fine dicembre è reale. Se non ci sarà un accordo commerciale condiviso entro capodanno, l’immenso flusso quotidiano di cibo, medicine, componenti per l’industria e altri beni che attraversa il confine Ue-Regno Unito s’interromperà, saranno innalzate barriere doganali e l’inverno sarà molto cupo nel Regno Unito.
La strategia di sopravvivenza politica di Johnson sarebbe allora quella di demonizzare l’Ue, dipingendola come una forza infida e antibritannica, avvelenando le possibilità di una futura cooperazione. C’è da sperare che le persone di buon senso si comportino ragionevolmente, perché Johnson, di sicuro, non lo farà.
(Traduzione di Federico Ferrone)