Israele al voto su Netanyahu per la quarta volta in due anni
Il 23 marzo gli israeliani votano per la quarta volta in due anni, e già si parla di un quinto voto nei prossimi mesi. A quanto pare la popolazione dovrà continuare a votare fino a quando non riuscirà a sbloccare la situazione.
“Sbloccare la situazione”, in questo contesto, significa eleggere un governo di coalizione stabile guidato da Benjamin Netanyahu e disposto ad approvare una legge che conceda al primo ministro l’immunità dal processo per corruzione.
“Bibi” è stato primo ministro di Israele per un totale di quindici anni, e ininterrottamente negli ultimi dodici. Dal 2016 è indagato per abuso di ufficio, corruzione e frode. Il processo a suo carico è cominciato nel 2019 e potrebbe protrarsi fino alla fine dell’anno.
In base alla legge israeliana un primo ministro può restare in carica anche se sotto processo. Tuttavia le prove contro Bibi sembrano abbastanza schiaccianti: se fosse condannato sarebbe costretto a dimettersi e potrebbe finire direttamente in galera.
In bilico
La speranza di Netanyahu è quella di convincere il parlamento (la knesset) ad approvare una legge che gli garantisca l’immunità fino a quando resterà in carica. A quel punto la sentenza del tribunale non avrebbe alcun rilievo, perché a Bibi basterebbe conservare l’incarico (e ha appena 71 anni).
Se Netanyahu potesse imporre il suo volere alla coalizione di governo, la knesset voterebbe immediatamente l’immunità e i problemi legali di Bibi sparirebbero. Purtroppo per lui, però, diversi esponenti della coalizione, pur sostenendo il suo governo in generale, non sono disposti a votare l’immunità.
Il sistema elettorale israeliano spinge all’estremo il principio della rappresentanza proporzionale: qualsiasi partito che superi il 3,25 per cento partecipa alla spartizione dei 120 seggi del parlamento. Dopo il voto è probabile che tredici partiti ottengano almeno quattro seggi. Il primo partito, il Likud guidato da Netanyahu, non dovrebbe andare oltre i 32 seggi.
Per Netanyahu il voto parlamentare sull’immunità resta imprescindibile, dunque la caccia alla coalizione magica continua
Questo significa che per formare una coalizione servirà un intenso lavoro di cucito, con ogni potenziale partner che avanzerà le proprie richieste. Nelle tre elezioni che si sono susseguite dall’aprile del 2019 Netanyahu è riuscito a formare una coalizione per tre volte, ma è sempre stato costretto a includere un partito che non intende concedergli l’immunità.
Perfino i raggruppamenti centristi come il Partito blu e bianco di Benny Gantz potrebbero finire nella coalizione di Netanyahu. Nell’ultima coalizione Gantz era addirittura “primo ministro alternativo” e avrebbe dovuto assumere il controllo del governo a novembre del 2021, ricoprendo la carica di primo ministro per la seconda parte del mandato della coalizione. Ma Netanyahu ha mandato tutto all’aria convocando nuove elezioni perché non poteva permettersi di cedere il passo.
“È facile esautorare il procuratore generale e cancellare il processo”, ha scritto Gantz su Twitter la sera del 20 marzo. “Questo è il piano di Netanyahu, e solo io e il Partito blu e bianco alla knesset potremo impedirgli di realizzarlo”. Ma il partito di Gantz non è più un attore di primo piano (nella politica israeliana i partiti minori sono spesso meteore), e tra l’altro l’accusa di Gantz secondo cui Netanyahu vorrebbe emarginare il procuratore generale e cancellare il processo è probabilmente infondata.
Per Netanyahu il voto parlamentare sull’immunità resta imprescindibile, dunque la caccia alla coalizione magica continua. Probabilmente servirà una quinta elezione entro la fine dell’anno, l’ennesimo lancio di dadi prima del verdetto del tribunale.
Gli ultimi sondaggi indicano che stavolta il risultato delle urne complicherà la formazione di una coalizione pro o contro Netanyahu. Il partito di destra Yamina guidato da Naftali Bennett otterrà probabilmente i seggi decisivi, ma il desiderio di Bennett di sostituire Netanyahu ha più peso della sua voglia di vedere una coalizione di destra al governo.
Il risultato migliore per Netanyahu sarebbe certamente una coalizione in cui tutti fossero disposti a garantirgli l’immunità, ma questo scenario è sostanzialmente irrealizzabile. Molto più probabile che il primo ministro riesca a formare una coalizione simile alle ultime tre, disposta a sostenerlo in parlamento ma non a risparmiargli la prigione.
Naturalmente esiste anche la possibilità che Netanyahu perda il posto di primo ministro, e per lui sarebbe una pessima notizia. Negli ultimi dodici anni l’ex ministro Ehud Olmert ha passato sedici mesi in carcere per un’accusa simile, mentre l’ex presidente Moshe Katsav ha scontato cinque anni (su un totale di sette) per stupro. La politica israeliana è un caos totale, ma il sistema giudiziario funziona perfettamente.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
- Il 23 marzo in Israele si svolgono le quarte elezioni legislative in due anni.
- Dal 2019 né il primo ministro Benjamin Netanyahu – al governo dal 2009 – né i suoi oppositori sono stati in grado di ottenere abbastanza seggi in parlamento per formare un governo di coalizione con una maggioranza stabile. Netanyahu è rimasto in carica o come primo ministro provvisorio o alla guida di una fragile coalizione.
- La coalizione, nata dopo le terze elezioni per garantire al paese una guida durante la pandemia, prevedeva un accordo di condivisione del potere in base al quale la carica di premier sarebbe passata da Netanyahu a Benny Gantz, rivale e partner centrista, nel novembre del 2021. Una serie di conflitti tra i due, culminati nel dicembre del 2020 nel loro mancato accordo sul bilancio statale, ha indotto il parlamento a sciogliersi e a indire nuove elezioni.
- Netanyahu è in corsa per la rielezione mentre è sotto processo con accuse di corruzione. Il successo della campagna di vaccinazione potrebbe garantire voti in più a lui e alla sua coalizione di destra.
- I sondaggi mostrano che nessuno dei blocchi ha un percorso chiaro verso la maggioranza, lasciando presagire un risultato inconcludente e dunque una probabile quinta elezione nel corso dell’anno: il partito di Netanyahu, il Likud, dovrebbe emergere come il più grande partito con circa 30 seggi, ma i suoi alleati potrebbero non ottenere abbastanza posti per raggiungere la maggioranza di 61.
- Due dei principali sfidanti di Netanyahu provengono dallo stesso schieramento di destra: l’ex ministro dell’interno Gideon Saar e Naftali Bennett, più volte ministro ed ex capo dello staff di Netanyahu. Il terzo rivale è Yair Lapid, ex giornalista televisivo centrista. Gantz non è più considerato una minaccia.
- Sembra sempre più decisiva la conquista dell’elettorato arabo d’Israele, circa il 20 per cento della popolazione, una volta emarginato e adesso elemento chiave della campagna elettorale.
- Per ora, Netanyahu rimarrà primo ministro provvisorio. Se in qualche modo la situazione di stallo continua fino a novembre 2021, Gantz potrebbe comunque succedergli secondo il precedente accordo di condivisione del potere. –The New York Times