L’Italia si sta innervosendo. Il Partito conservatore del Regno Unito (i cosiddetti tory) ha espresso quattro premier in appena sei anni. L’Italia detiene ancora il primato sul lungo periodo – un nuovo governo ogni tredici mesi dal 1945 – ma il Regno Unito è ormai alle sue calcagna.
Ancora più impressionante è il fatto che il Regno Unito abbia avuto quattro cancellieri dello scacchiere (ministri delle finanze) negli ultimi quattro mesi. Il paese, e in particolare il Partito conservatore, somigliano ormai a un carrozzone da circo in cui pagliacci, stretti in uno spazio troppo stretto, continuano a cadere, a litigare, a far scoppiare fuochi d’artificio senza motivo, a risalire a bordo e a ricominciare tutto da capo.
L’attuale prima ministra tory, Liz Truss, cadrà probabilmente entro la fine del mese a causa della ribellione dei parlamentari del suo partito. Il suo primo “mini-bilancio”, presentato appena il mese scorso, ha avuto successo nella sua fazione, la destra radicale dei conservatori, ma la sua avventatezza a proposito dei tagli alle tasse senza copertura finanziaria ha fatto inorridire i mercati e le banche.
Raddrizzare la rotta
Truss ha evitato per il momento ulteriori crolli della sterlina e aumenti dei tassi d’interesse con l’arrivo di un nuovo cancelliere, Jeremy Hunt. Questi avrà effettivamente il potere di costringerla a tornare all’ortodossia fiscale (minacciando di dimettersi), e forse la nave dello stato potrà essere nuovamente raddrizzata. Ma per lei si tratta probabilmente di una mossa insufficiente e tardiva. L’ex leader dei conservatori William Hague dice che la sua sopravvivenza politica è “appesa a un filo”. La first minister scozzese Nicola Sturgeon ha dichiarato che Truss è “inadatta a ricoprire questa carica”. Ma liberarsi di una premier che si aggrappa al suo incarico non è facile, come ha ampiamente dimostrato Boris Johnson la scorsa primavera.
La mattina del 17 ottobre quasi tutti i cambiamenti annunciati da Truss in materia di tagli fiscali sono stati cancellati dal suo nuovo cancelliere e capo de facto Jeremy Hunt. Tuttavia, anche se i mercati sembravano essersi calmati, nei prossimi anni non considereranno il Regno Unito come un posto sicuro dove mettere i loro soldi, e Truss è diventata “inutile”, secondo le parole di un ex ministro conservatore.
Ma cosa possono fare i tory al riguardo? Se organizzassero delle elezioni adesso, sarebbero annientati politicamente. Inoltre la regola interna del partito vieta attualmente di togliere la fiducia alla leader (e quindi anche alla prima ministra) prima che sia trascorso un anno dalla sua entrata in carica.
Questa situazione assurda probabilmente a un certo punto finirà, perché il “declino” economico è solo relativo
Ovviamente il partito conservatore potrebbe cambiare le proprie regole se la maggioranza dei suoi deputati lo volesse. Ma i conservatori hanno pochi candidati alternativi plausibili e pochissimi che accetterebbero la guida in simili catastrofiche circostanze.
Questo spettacolo offre certamente un po’ di innocente divertimento a coloro che amano vedere entità un tempo potenti e dignitose esibirsi in cadute di stile seriali. Però, al di là del caos e della schadenfreude (il godimento per le disgrazie altrui) è in atto un curioso fenomeno politico: un partito un tempo serio ha perso completamente la testa.
Due esempi di percezione distorta
Tutto quanto è accaduto politicamente nel Regno Unito dal 2016, dall’automutilazione della Brexit alla versione britannica del “grande balzo in avanti” di Mao declinata dai tory di Liz Truss, è animato dalla convinzione non esplicitata che il paese sia arrivato al capolinea, e che solo metodi radicali e rischiosi possano invertire la tendenza. Devo questa osservazione a Patrick Cockburn, uno dei più acuti giornalisti britannici, che propone la Russia come un altro esempio dello stesso fenomeno.
Naturalmente i due casi presentano delle differenze. La grande scommessa della Russia d’invertire il suo declino geopolitico e strategico si esprime con un’aggressione militare. Si tratta di una tipica risposta iniziale quando si percepisce una diminuzione di potere dovuta alla perdita di un impero.
Il Regno Unito è molto più avanti della Russia in questa curva, avendo eliminato la maggior parte degli impulsi militaristi dal suo sistema con le fallite campagne militari contro l’Egitto e in alcune ex colonie negli anni cinquanta e sessanta. Quello che sta accadendo oggi nel paese è un tentativo altrettanto disperato, ma meno violento, di invertire un lungo periodo di relativo declino economico, passando dal rango di seconda economia mondiale nel 1950 a quello di sesta di oggi (dopo l’India).
I nazionalisti più sempliciotti lo vedono come un fallimento di tutto il paese. La Brexit è stato il primo tentativo, radicale ma sciocco, d’invertire questo declino percepito. I toccasana proposti da Truss, con bassa tassazione e alto debito, sono stati un tentativo ulteriore.
Questa situazione assurda probabilmente a un certo punto finirà, perché il “declino” economico è solo relativo. Il Regno Unito ha perso terreno rispetto ad alcuni paesi “in via di sviluppo” – che sono in una fase di crescita elevata del loro percorso economico – e ha commesso alcuni gravi errori interni, ma è ancora un paese ricco, molto più ricco di quanto non fosse cinquant’anni fa.
Si tratta di un fenomeno che colpisce solo i paesi con una visione esagerata della propria importanza, in genere perché un tempo erano grandi potenze o possedevano quantomeno vasti imperi coloniali. La Gran Bretagna ne è particolarmente colpita, ma anche questo passerà.
Nel frattempo, fate entrare i pagliacci!
(Traduzione di Federico Ferrone)
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it