Questa storia nasce in carcere negli anni novanta del secolo scorso. Nasce dall’incontro di tre persone. Da tre destini che sulla carta non si dovevano incontrare.

Da un lato c’è lei, Fernanda Farias de Albuquerque. È brasiliana, transgender, i capelli sono mossi, ricci, la voce sensuale, gli occhi curiosi. Fernanda è finita in prigione perché ha accoltellato una portinaia che la stava truffando. Dall’altro c’è Maurizio Iannelli, oggi autore televisivo, negli anni settanta esponente della colonna romana delle Brigate rosse. Il suo sguardo è serio, meditativo. In mezzo c’è Giovanni Tamponi, originario di Luras vicino Sassari, un uomo che veniva dalla pastorizia e che per le strane disavventure della vita è stato coinvolto in una rapina sfociata nel sangue.

Lo scenario del loro incontro è il carcere di Rebibbia a Roma, la sezione G8. Per chi come Iannelli viene da tanti anni di carcerazione speciale è spaesante trovarsi alla G8 e scoprire che nella stessa sezione, anche se separato dal suo mondo, c’è quello dei transgender, fatto di reggiseni stesi ad asciugare sulle sbarre delle celle. All’inizio non ci sono contatti con quell’universo così femminile. Ma la curiosità è tanta e le parole volano da una parte all’altra della sezione. Giovanni Tamponi è l’unico, come lavorante, che può accedere a ogni angolo. E come Mercurio porta i messaggi da un punto all’altro di quella tela carceraria.

Le parole fanno presto a diventare scrittura. Grazie a Giovanni Tamponi e a Maurizio Iannelli, Fernanda riesce a buttare giù la sua storia, a calmare le raffiche del cuore che l’agitano ogni notte. Fernanda in carcere è depressa. E come fa a non esserlo? L’istituzione parla alle persone come lei al maschile, mentre loro vivono al femminile. Dal dolore passato e presente nasce un brogliaccio dove i ricordi di Fernanda vengono archiviati e trascritti da Giovanni. Ne esce fuori una lingua strana, un po’ portoghese, un po’ sarda. Una storia di migrazione e di un’identità sessuale al confine. Iannelli ne farà poi il libro Princesa, che sarà pubblicato da Sensibili alle foglie nel 1994.

In questa storia c’è anche un quarto uomo. Si chiama Fabrizio De André. Attraverso Renato Curcio (che ha condiviso la cella con Iannelli) De André riceve, insieme agli scritti dei detenuti di Rebibbia, anche il brogliaccio di Fernanda. E così nasce la canzone Princesa, contenuta nell’album Anime salve.

Princesa, Fabrizio De André

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Tutto questo succedeva vent’anni fa. Oggi Fernanda non c’è più, è morta in circostanze misteriose vicino ad Ancona. Ma c’è il libro che per molti studiosi di tutto il mondo è diventato oggetto di analisi. Princesa infatti è considerato uno dei primi scritti della cosiddetta letteratura della migrazione italiana. Il testo è stato sviscerato, analizzato, sezionato. Ma in tutti questi anni qualcosa è sempre rimasto inafferrabile, c’era qualcosa che non si riusciva a catalogare. Era davvero il libro di Fernanda? O solo una idealizzazione di Iannelli? O entrambe le cose?

Gli studiosi Ugo Fracassa e Anna Proto Pisani (con l’aiuto dei webmaster Nino Calabrò ed Emiliano Bonafede) hanno capito che per afferrare questa storia dovevano usare le nuove tecnologie. Solo così potevano riavvicinarsi al racconto orale da cui era nata la scrittura. E così ha preso vita il progetto Princesa20 dove, insieme al libro del 1994, ci sono sia la produzione che ha preceduto il testo e l’ha reso possibile (i quaderni di Fernanda) sia la produzione multimediale successiva: non solo la canzone di De André, ma anche il film di Henrique Goldman e i documentari (alcuni recuperati da vecchie registrazioni vhs) girati dopo la pubblicazione del libro. Il sito fa dialogare varie forme di scrittura, dalla narrazione autobiografica agli echi testuali di classici brasiliani. Per capire Fernanda e il Nordeste del Brasile Iannelli ha attraversato la scrittura del Grande Sertão di João Guimarães Rosa. E poi c’è quella lingua meravigliosa, quell’italiano portoghesizzato, che grazie al recupero dei quaderni torna in vita. Il sito racconta cosa succede quando nasce un libro, quali urgenze lo creano.

Fabrizio De André cantava: “Fernanda è una bambola di seta / sono le braci di un’unica stella”.

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