La scelta del candidato alla vicepresidenza di Mitt Romney è il segreto meglio custodito della politica statunitense. L’aspettativa è alta, e questo è un brutto segnale per Obama.
C’è la sensazione diffusa che le elezioni potrebbero andare peggio del previsto per il presidente e che Romney sia in vantaggio. Ecco perché la parola d’ordine del candidato conservatore è diventata “non fare danni”, con il conseguente, improbabile, rilancio nella corsa alla vicepresidenza di Tim Pawlenty, il governatore del Minnesota passato quasi inosservato durante le primarie repubblicane. Altre possibilità sono il mite Robert Portman, governatore dell’Ohio, e Marco Rubio, il promettente ma ancora giovane senatore cubano della Florida. Ma sull’elenco non c’è il nome che circola di più tra i finanziatori della campagna di Romney: Condoleezza Rice.
La settimana scorsa Romney ha invitato i suoi maggiori finanziatori per una tre giorni nella stazione sciistica di Deer Park, nello Utah. Durante l’evento sua moglie Ann ha organizzato un “tè femminile per la vittoria di Romney”, mentre pezzi grossi del partito come Jeb Bush e Karl Rove, tra un bicchiere di scotch e l’altro, tenevano seminari cercando di convincere i finanziatori che la vittoria è a portata di mano. Ma è stato il discorso di Rice sul bisogno di leadership negli Stati Uniti a conquistare tutti e a far parlare di lei come della possibile candidata alla vicepresidenza. Per quanto siano alte le speranze dei repubblicani, secondo gli esperti le voci su Rice sono il segno più evidente della voglia di sognare legata alla scelta di Romney.
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