La Spagna gioca un calcio mai visto nella storia di questo sport. Tengono palla. Moltissimo. In questi Europei hanno fatto in media 692 passaggi a partita. E non tirano (quasi) mai: 43 passaggi per ogni tiro. Spesso non mettono neanche un centravanti in campo.
Il povero Fernando Torres ormai è diventato una figura tragica, sempre in panchina (anche nel Chelsea). La Spagna spesso gioca con un “finto” attaccante, Cesc Fàbregas, che in realtà era un regista nell’Arsenal, prima di andare al Barcelona.
Si parla tanto, adesso, di tiki-taka. È noioso? È una specie di totalitarismo calcistico? Una forma di tortura dove una squadra corre per 90 minuti e l’altra aspetta che si stanchino? E poi, il tiki-taka senza Messi è un’altra cosa. Tantissimi passaggi, quasi tutti corti, triangoli stretti, un’infinita, lunghissima, partita di calcetto. E nessuno, diciamolo, paga per vedere una partita di calcetto.
Per questo molti tifosi sperano nella morte del tiki-taka, o del Barcelonismo. Ma sbagliano. Perché questa Spagna e il Barcellona di Guardiola hanno portato il calcio a uno stato puro di tecnica e controllo. È il trionfo del collettivo e del movimento, dell’uso dello spazio. È uno spettacolo noioso, sì, ma anche bellissimo. Però non suscita emozioni, solo ammirazione.
Per questo, e per molte altre ragioni (e anche perché il gol di Balotelli l’altra sera è stato il momento più bello di tutti gli Europei), molti sperano nella vittoria dell’Italia di Cesare Prandelli domenica sera.
Ma si può battere il tiki-taka? Sì, in due modi. Uno è stare in difesa e aspettarli, sperando nella fortuna e in qualche contropiede (modello Svizzera al Mondiale, o Chelsea in Champions League).
Oppure si può andare all’attacco, e cercare di batterli con rapidità e tecnica e il genio di Pirlo e Cassano. Questa sarà la tattica di Prandelli, spero. Ma i favoriti sono quelli che non sbagliano mai i passaggi: la Spagna di Xavi e Iniesta, i maestri del tiki-taka.
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