La vicenda di Lance Armstrong doveva finire così. Le prove si stavano accumulando, pezzo dopo pezzo, anno dopo anno. Era solo una questione di tempo. C’è stato il lavoro di un giornalista bravo e coraggioso come David Walsh e poi la testimonianza di molti ciclisti, massaggiatori e altri.
Alla fine persino Lance, che non è arreso mai neanche davanti al cancro, ha dovuto dire basta. Così si è risparmiato un processo pubblico che avrebbe rovinato tutto. E può ancora sostenere la sua innocenza, può sempre dire che è stato vittima di una caccia alle streghe. Ma, come hanno scritto tutti i giornalisti la settimana scorsa, non è così.
Per almeno vent’anni, dalla metà degli anni ottanta in poi, il ciclismo, come l’atletica, è stato dominato dal doping. Soprattutto
blood doping. Quasi tutti i ciclisti lo praticavano. Era facile e per molto tempo non si poteva neanche essere beccati.
Il sistema faceva molto fatica a rispondere a questa crisi, anche perché bandire tutti i ciclisti voleva dire rovinare tutto: sponsor, soldi, spettatori, diritti televisivi. Il circo doveva andare avanti, anche se i ciclisti stavano svegli di notte per paura di morire nel sonno, uccisi dal loro stesso sangue.
Quelli che rifiutavano l’epo, spesso dopo averlo preso per un po’, erano messi a parte dal peloton e dalle grandi squadre dove regna tuttora l’omertà. Qui cito un nome per tutti: Filippo Simeoni. I test erano truccati, o evitati, o dribblati. Qualcosa è cambiato solo quando è arrivata la polizia e i giudici si sono messi a lavorare in Spagna, Francia e Italia.
Il sistema dello sport non poteva riformarsi da solo. E quindi, come ha scritto Richard Williams sul Guardian nessuno ha vinto il Tour de France in quegli anni. E, mi permetto di aggiungere, nemmeno il Giro d’Italia. Sono state tutte gare dopate, quelle dell’epo.
Le cose sono cambiate adesso? Sì e no. Sì perché sembra che le squadre non organizzino più il doping, sì perché la vicenda Armstrong non può passare come un errore di un singolo, sì perché ci sono pentiti che fanno propaganda per un ciclismo pulito, come David Millar. Ma non illudiamoci.
C’è ancora troppa beatificazione di ciclisti che hanno preso l’epo nel passato. Ci sono ancora tanti che difendono Armstrong. Gli sponsor sono sempre più potenti. I dottori lavorano sempre per produrre nuove forme di doping, sempre più raffinate. La battaglia è sempre in corso, in Francia, in Spagna e anche in Italia.
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