Chi è il dottor Michele Ferrari? Secondo il Guardian era (e forse è ancora) “lo Svengali del doping sistematico”. Un mago cattivo, un santone citato più di trecento volte nel devastante rapporto su Lance Armstrong pubblicato la settimana scorsa dall’Usada, l’agenzia antidoping statunitense.

Ma Michele Ferrari è anche un uomo incensurato. Un uomo libero. Certo, è stato condannato in primo grado per frode sportiva e doping farmacologico, ma in appello l’accusa è caduta in prescrizione. Certo, in teoria Ferrari non potrebbe più lavorare con gli sportivi. Eppure sembra che Alex Schwazer lo avesse cercato prima del disastro alle Olimpiadi di Londra.

Cosa scrivono gli ispettori dell’Usada su Ferrari? Secondo il rapporto, il medico era al centro di un sistema di doping usato dall’intera squadra di Armstrong, la Us postal service, che ha vinto gare importanti come il Tour de France, che Armstrong ha conquistato il titolo ben sette volte di seguito. Gli statunitensi sostengono che “il programma di doping di Lance Armstrong era organizzato da Ferrari” e che “Armstrong ha spinto tutti i compagni di squadra a sceglierlo come dottore”.

Sembra che il legame tra Ferrari e Armstrong sia cominciato negli anni novanta (ben prima che Lance diventasse una star mondiale del ciclismo). La massaggiatrice del ciclista ha raccontato che nel 1999 i due si erano incontrati in un camper in un parcheggio fuori Milano. Ferrari poi arrivò al ritiro della squadra di Armstrong. E ci sono moltissime testimonianze della presenza di Ferrari ai ritiri della Us postal tra il 2000 e il 2007.

Lance aveva un soprannome per Ferrari: “Schumi”. Secondo il rapporto il dottore non lavorava gratis. Sembra che si facesse pagare profumatamente per suoi servizi. Ci sono documenti che parlano di trasferimenti di soldi, molti soldi. Fino al 2004 il rapporto con Ferrari era abbastanza alla luce del sole. Ferrari lavorava con moltissimi atleti, i più bravi, i più famosi, i più vincenti. Ma il processo cambia tutto, o così è sembra. Lance fa finta di rompere con Ferrari, ma non lo fa, come il rapporto dimostra con molti dettagli.

È difficile leggere questo documento e non rimanere scioccati. Per anni, apertamente, i ciclisti più bravi del mondo (e non solo i ciclisti) hanno pagato per truccare lo sport e per vincere. E nonostante moltissimi test sono andati avanti in questo modo per anni. Tutti, o quasi tutti, erano coinvolti. E malgrado una serie di processi e di indagini in Italia, Francia e Spagna, questa farsa è andata avanti ingannando i tifosi, i giornalisti (con qualche eccezione molto coraggiosa, come David Walsh del Sunday Times) e anche gli sponsor.

Questo scandalo è anche, e forse soprattutto, uno scandalo italiano, organizzato in Italia e altrove. È una storia ancora tutta da scrivere. Uno scandalo coperto per anni da omertà, depistaggi e insabbiamenti. Ma ora non ci sono più scuse. È sufficiente scaricare il rapporto da internet. E poi c’e il lavoro prezioso dei magistrati di Padova, che hanno svolto un ruolo importantissimo con le loro indagini sul “sistema Ferrari”.

Insomma, una storia straordinaria, una storia al contrario, una storia (anche) italiana.

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