Il Manchester United è la squadra con più tifosi al mondo: 659 milioni, secondo il club. Di questi, 325 milioni vivono in Asia, 173 milioni in Medio Oriente e in Africa, 90 milioni in Europa e 71 milioni in America (tra sud e nord). E a Manchester? Non si sa. In ogni caso, storicamente, il Manchester United non è sempre stato una squadrone. Negli anni settanta è perfino finito in Championship, la serie B inglese (e non per uno scandalo). Finché, nel 1986, arriva uno scozzese grintoso e geniale: Alex Ferguson.

All’inizio va male, poi Ferguson comincia a vincere e non si ferma più. Gestisce la squadra fino al 2013, quando vince l’ultimo campionato. Poi si ritira, dopo 1.500 partite in panchina. Lascia un palmarès incredibile: 13 campionati, due coppe dei campioni, una coppa delle coppe, una supercoppa europea, una coppa intercontinentale, dieci supercoppe inglesi e cinque Fa cup. Nell’ultima stagione la squadra accumula 89 punti, superando i rivali storici del Manchester City.

Ferguson gioca sempre un bel calcio, lanciando giocatori come Beckham, Cantona, Giggs, Cristiano Ronaldo, Rooney e molti altri. La sua squadra non molla mai. Come succede nel 1999 nella finale di Champions League con il Bayern Monaco, quando il Manchester segna due volte nel recupero.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Fergie spaventa gli arbitri così tanto che anche il recupero si allunga quando il Manchester sta perdendo. Infatti la stampa comincia a chiamarlo “Fergietime”.

Ferguson diventa potente. Molto potente. Non parla per anni con la Bbc, “colpevole” di aver realizzato un documentario-inchiesta su suo figlio, procuratore sportivo di diversi calciatori. Compra cavalli di razza. Sopravvive anche all’arrivo degli americani - la famiglia Glazer - che hanno scaricato sulla società i loro debiti e hanno aumentato il prezzo dei biglietti allo stadio Old Trafford. Ma Fergie vince sempre. E quindi i tifosi (che sono sempre di più) sono soddisfatti.

Il calcio cambia molto negli anni di Ferguson. Diventa uno sport globalizzato. La Premier League è lo spettacolo più seguito in Africa, Asia e mondo arabo. I giocatori sono delle superstar, alla pari degli attori di Hollywood. La televisione spende sempre di più per comprare questo prodotto e venderlo a livello globale. Ma Fergie è sempre lì, sempre al comando, sempre in testa alla classifica.

Poi arriva il giorno del ritiro. Chi sarà il nuovo Fergie? Chi potrebbe prendere il posto di un uomo così? E soprattutto, chi deciderà? La decisione spetta a… Fergie stesso. Sceglie uno scozzese come lui, un uomo che non ha mai vinto niente. Fergie sceglie l’allenatore dell’Everton: David Moyes. Gli americani sono d’accordo (come possono andare contro la volontà di Fergie?) e fanno a Moyes un contratto di sei anni. I tifosi ci credono e mettono uno striscione in curva con un’immagine di Moyes e uno slogan: “The chosen one” (il prescelto).

Ma, quasi subito, le cose cominciano ad andare male. Il calciomercato è un disastro e la squadra gioca male, malissimo. Perde in casa contro tutti: West Bromwich Albion, Swansea, Everton (l’ex squadra di Moyes), Sunderland (ai rigori). Moyes sembra smarrito e poi c’è sempre, in tribuna, un certo Fergie. Van Persie, capocannoniere nel 2013, è sempre infortunato. I tifosi sono traumatizzati. Non sanno più cosa dire. Alcuni tifosi fanno volare un aereo sopra lo stadio Old Trafford con uno striscione con la frase “The wrong one: Moyes out” (L’uomo sbagliato: Moyes fuori). Sono abituati a stare in testa alla classifica e ora sono in lotta per il settimo posto. Si comincia a parlare di terapia di gruppo.

Il povero Moyes - sempre più solo - dice che la squadra si sta “ricostruendo”, ma ormai il suo destino è segnato. E gli arbitri capiscono benissimo come sta cambiando il vento. Il 16 marzo 2014 il Liverpool segna due rigori all’Old Trafford - una cosa inedita nel passato - e vince 3-0. Il Fergietime non c’è più.

Nel

business model del Manchester United non c’è spazio per una stagione sbagliata. Il Grande Fergie, nella sua prima stagione, era finito undicesimo in classifica. Ma adesso decide Wall street, decidono gli americani. La scelta di Fergie si rivela un disastro. Dopo l’ennesima sconfitta - ancora contro l’Everton - Moyes è licenziato. Avrebbe ancora cinque anni e due mesi di contratto.

Lo striscione con la frase “The chosen one” è stato rimosso (nel silenzio). L’anno prossimo la squadra più grande e seguita del mondo non giocherà in Europa. Ma Fergie sarà ancora lì, in tribuna, a controllare tutto.

Correzione, 23 aprile 2014. Nella versione originale dell’articolo c’era scritto che il Manchester United aveva vinto due coppe Uefa, “tempi supplementari” invece che “recupero” e “scudetto” invece che “campionato”.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it