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Costringiamo la finanza a salvare il pianeta

Una fabbrica di cellulosa e carta a Segeža, Russia, 19 marzo 2021. (Andrey Rudakov, Bloomberg/Getty Images)

Garantire una rapida transizione all’economia verde è un dovere, e il mondo finalmente l’ha capito. La finanza avrà un ruolo essenziale in questo processo. Alcune istituzioni finanziarie hanno dato il loro contributo, emettendo obbligazioni legate a progetti che hanno un impatto positivo per l’ambiente o installando nelle loro sedi lampadine a basso consumo. Troppe però continuano a finanziare il settore dei combustibili fossili e a sostenere altri campi dell’economia incompatibili con la transizione ecologica. Questi finanziamenti, molti dei quali sono di lunga durata, peggiorano la crisi climatica. Per scoprire, sviluppare e sfruttare un nuovo giacimento petrolifero servono decenni, ben oltre l’orizzonte temporale in cui il mondo dovrà azzerare le emissioni. Questi progetti legati a combustibili tradizionali s0no destinati a perdere valore nei prossimi anni. Le possibili perdite sono un rischio per gli investitori, per il sistema economico e per il pianeta.

Lobby potenti, decise a proteggere i propri interessi, stanno facendo di tutto per contrastare la transizione ecologica. Inoltre, se non dovessero riuscirci, gli stessi gruppi chiederanno un risarcimento, “socializzando” le eventuali perdite di investimenti che non avrebbero dovuto fare. Se la storia ha qualcosa da insegnarci, ne usciranno puliti. In teoria dovremmo vietare questi investimenti. Ma per il momento negli Stati Uniti e in altri paesi questa idea è politicamente improponibile. Un’altra possibilità è approvare nuove leggi. Visto che i mercati sono miopi, devono intervenire i supervisori, per esempio le banche centrali.

La crisi finanziaria del 2008 ha dimostrato cosa può succedere quando una parte anche piccolissima della base patrimoniale mondiale (in quel caso i mutui subprime statunitensi) perde valore. Una variazione del prezzo di beni che probabilmente saranno colpiti dal cambiamento climatico potrebbe avere effetti a carattere sistemico tali da far impallidire quelli del 2008. I combustibili fossili sono solo la punta dell’iceberg (che peraltro si sta sciogliendo). Per esempio, l’innalzamento del livello dei mari ed eventi climatici estremi sempre più frequenti come incendi e uragani potrebbero indurre a un’improvvisa revisione dei prezzi di terreni e immobili.

Le autorità di controllo quindi devono pretendere piena trasparenza sui rischi legati al clima, non solo sui pericoli fisici ma anche sui rischi finanziari. Una politica in grado di raggiungere le zero emissioni entro il 2050 (attraverso l’uso combinato del prezzo delle emissioni di anidride carbonica e delle leggi) avrà un impatto significativo sui prezzi dei beni.

Gli investitori sono avvisati: quelli che continueranno nonostante tutto a scommettere sui combustibili fossili non dovrebbero essere supportati dallo stato

Una transizione ecologica troppo lenta farà aumentare i rischi. Invece di un percorso tranquillo verso le zero emissioni, con aggiustamenti graduali, potremmo ritrovarci con una transizione caotica: quando i mercati interiorizzeranno il cambiamento, i prezzi potrebbero schizzare verso l’alto. Per mitigare questo rischio la finanza non deve solo smettere di erogare fondi a investimenti nocivi per l’ambiente, ma deve anche finanziare quelli che vanno nella direzione giusta. Potrebbero essere necessari il bastone e la carota. Per esempio le banche che fanno investimenti rischiosi per il clima dovrebbero essere obbligate a disporre di una quantità maggiore di riserve per riflettere questo rischio.

Gli investitori sono avvisati: quelli che continueranno nonostante tutto a scommettere sui combustibili fossili non dovrebbero essere supportati dal sistema pubblico attraverso la deducibilità delle perdite. Negli Stati Uniti il governo sottoscrive la stragrande maggioranza dei mutui residenziali; in futuro dovrebbe farlo solo nel caso di mutui ecologici (contratti per l’acquisto di case efficienti dal punto di vista energetico). Inoltre per incoraggiare gli investimenti basati su un costo alto delle emissioni di CO2 i governi dovrebbero emettere delle “garanzie”: se il costo delle emissioni dovesse essere inferiore alle previsioni, l’investitore dovrebbe essere risarcito. Sarebbe una specie di polizza assicurativa, che spingerebbe i governi a rispettare gli impegni presi con l’accordo di Parigi.

Queste e altre politiche simili saranno di supporto alla transizione ecologica. Ma difficilmente il settore finanziario privato farà abbastanza se lasciato da solo. Molti degli investimenti cruciali di cui abbiamo bisogno sono di lungo periodo e i mercati finanziari spesso si concentrano sul breve termine. Per contribuire a colmare questo divario, in molte giurisdizioni, tra cui lo stato di New York, sono state già create banche di sviluppo ecologiche.

Non abbiamo scelta, dobbiamo per forza cambiare il modo in cui consumiamo, produciamo e investiamo. La sfida è alla nostra portata. Ma la finanza deve fare la sua parte. E questo richiederà qualcosa di più che una spintarella, non importa se proveniente dalla società civile o dai governi.

(Traduzione di Giusy Muzzopappa)

Questo articolo è uscito sul numero 1425 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

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