Per qualche giorno sono riuscito a fuggire da litigi politici, crisi economica e la sensazione (diffusa, o sono solo io?) di correre come un forsennato senza spostarmi di un centimetro. Con il mio cognato londinese David ho fatto l’Eroica.
L’Eroica è un evento ciclistico rigorosamente d’epoca che si tiene la prima domenica di ottobre. Ma è anche un percorso permanente, con una segnaletica impeccabile, che si snoda su 209 chilometri di strade toscane, prevalentemente bianche. Si può fare in qualsiasi giorno dell’anno e così abbiamo fatto noi, scegliendo questa estate indiana (un po’ fuori tempo) per immergerci nel paesaggio e sintonizzare i nostri pensieri al ritmo della pedalata.
Eccoci alla partenza nella piazza di Gaiole in Chianti: io sono il canarino davanti al gallo. David, mio cognato, è molto più cool sia per la sua tenuta da ciclista urbano sia per la bici, una Colnago d’epoca che ha preso in prestito per tre giorni.
Nel 2011 una proposta di legge bipartisan per la tutela delle strade bianche aveva attirato delle critiche da parte di chi, come me, convive ogni giorno con buche, polvere e l’effetto deleterio della pioggia su qualsiasi strada sterrata, per quanto sia ben fatta e pensata.
Ma pur lamentandomi della strada vicinale (e quindi con manutenzione a carico nostro) che porta alla mia casa in Umbria, non cederei mai alla tentazione di farla asfaltare. In tre giorni di Eroica (sì, ce la siamo presa comoda, c’è chi fa tutto il percorso in un solo giorno) abbiamo maledetto le imperfezioni del manto stradale che martellano il cervello e la ghiaia fine che rende ogni curva pericolosa. Ma abbiamo anche constatato che la differenza tra strada bianca e strada asfaltata sta anche nel messaggio che trasmette. Per fare un esempio, la strada bellissima delle Crete senesi tra Castelnuovo Berardenga e Asciano fa risparmiare un bel po’ di tempo e benzina a chi deve spostarsi fra questi due centri. Eppure nelle due ore che ci abbiamo messo a percorrerla abbiamo incrociato sì e no tre macchine.
Forse sembra strano l’idea che una strada esista per scoraggiare il traffico. A me no: mi sembra una soluzione elegante per garantire che i luoghi non deturpati dal traffico motorizzato rimangono tale, ricorrendo a una specie di selezione naturale anziché a divieti che forse avrebbero l’effetto opposto.
Detto questo, non nego che i pochi tratti di asfalto che abbiamo percorso nei piu di 200 chilometri del tracciato ad anello che si snoda fra Gaiole e Montalcino siano stati come manna per le nostre gambe stanche. A un certo punto, mio cognato ha proposto anche un brindisi al signor John Loudon McAdam, lo scozzese che perfezionò la strada carrozzabile moderna. La carne, si sa, è debole.
Dedico questo post alla memoria di Claudio Merlassino di Finale Ligure, un ciclista appassionato che di strade bianche ne ha percorse molte nella sua vita, terminata troppo giovane a soli 54 anni. Claudio, ci siamo fermati alla piccola targa che i tuoi amici e parenti hanno lasciato a Montauto, e ci siamo commossi. Spero che la pedalata si sia fatta meno aspra là dove sei adesso.
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