Ieri mattina mi sono sentito uno schifo. Arrivato in ritardo per la proiezione stampa di Captives del regista canadese Atom Egoyan, trovo la fila bloccata dagli uscieri cannois, famosi per la loro intransigenza. Pare che la sala sia già piena. Sapendo per esperienza che “pieno” è sempre un concetto relativo, indugio. Poi uno degli uscieri nota che ho un badge di colore rose-pastille, ovvero rosa con un pallino giallo (vedete il selfie o meglio il badge qua sopra). “Lei può passare”, mi dice. Tenendo il pass in alto, avanzo a colpi di “pardon” e “excusez moi”, sotto le occhiatacce dei colleghi con badge rosa semplice o blu.
A Cannes, la coscienza di classe è radicata. Forse un giorno tutti i vari
rose-pastilles e blanches (quelli ancora più privilegiati di me) verranno mandati alla ghigliottina da un alleanza di roses borghesi e bleus plebei. Poi i roses fregheranno i bleus, creando una nuova gerarchia, con colori diversi ma altrimenti del tutto simile all’ancien régime…
La punizione divina per il mio hubris è stato Captives, un thriller assurdo a firma del regista canadese Atom Egoyan, uno di quei film che usa un tema forte come la pedofilia a mo’ di epo, per migliorare le prestazioni, ma anche come ricatto emotivo verso il suo pubblico. Comunque, il punto più basso è raggiunto non con l’adescamento online dei bambini ma con un inseguimento in auto noioso. Se non sai girare l’inseguimento in auto, e meglio cambiare genere, o carriera.
Dalle emozioni false e pompate di Captives sono passato alla realtà fin troppo reale di Eau argentée, Syrie auto-portrait. È un documentario sulla Siria fatto da un regista siriano già affermato, Ossama Mohammed, insieme alla collega Wiam Simav Bedirxan, alle prime armi con la cinepresa ma con un soggetto forte, visto che si trovava a Homs durante l’assedio. Per due anni Bedirxan ha girato per la città devastata con la sua videocamera, filmando cumuli di macerie, cadaveri di cavalli, cani, persone, gattini macilenti con tre gambe, ma anche momenti di poesia tra le rovine. Ci sono dei bambini in una scuola improvvisata che guardano con dei visi illuminati un film di Chaplin. Poi uno di loro, un maschietto di circa cinque anni, improvvisa un dialogo con il padre morto mentre depone un fiore sulla sua tomba. Sulla strada di ritorno, lo stesso bambino dice alla regista-accompagnatrice di non passare per una certa strada perché lì c’è un cecchino, come stesse parlando dell’orco; solo cha a Homs gli orchi esistono davvero.
Il documentario è integrato da filmati amatoriali pescati da YouTube e altri fonti girati da quelli che il coregista Mohammed definisce “i nuovi registi siriani”, quei giovani che stanno riscoprendo le regole del cinema con i loro smartphone, rischiando spesso la vita. Sono immagini tristemente note di dimostrazioni, pestaggi, torture, un uomo senza faccia ancora seduto sulla sedia dove gli hanno sparato. Per me le scene più strazianti sono i tentativi di “ripescare” morti e feriti lasciati per strada con delle lenze improvvisate, per non entrare nel mirino dei cecchini.
Dopo la delusione di Captives e il pugno nello stomaco di Eau argentée, è arrivato un film euforizzante a rimettermi in sesto: Bande de filles (Branco di femmine) del regista francese Céline Sciamma - quello del bellissimo Tomboy, uscito in Italia nel 2011. Come in quell’esordio e nel suo primo film, Naissance des pieuvres, Sciamma racconta una storia di donne non ancora donne, ma in ribellione contro i ruoli definiti e limitati che la società vuole imporre oro. Qui sono quattro amiche nere delle banlieues parigine, che lottano insieme, rubano insieme, ricattano le loro compagne di classe insieme finché una di loro, Mariame, si accorge che il suo atteggiamento da bad girl non è che un’altra gabbia imposta da una cultura dominata dai maschi, sempre pronti a picchiare o usare i video girati su smartphone come ricatto.
È un film vivace, sensuale, con l’energia di un lungo brano dance, di sana gioia e rabbia femminista. Vi sfido a guardare la clip senza essere rinvigoriti, tonificati. Questa clip è in effetti il trailer ufficiale del film. Una bella scelta quella di sintetizzare tutto non attraverso un montaggio di scene chiave, ma con una lunga panoramica di ragazze che chiacchierano animatamente tra di loro.
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