Piuma è un film immaturo come i suoi protagonisti
Piuma
Di Roan Johnson
Con Luigi Fedele, Blu Yoshimi, Michela Cescon. Italia, 2016, 98’
A Piuma non ha giovato la presentazione in concorso a Venezia e neanche il titolo, che invita i critici più sarcastici a facili battute sulla leggerezza di questa commedia generazionale. Il terzo lungometraggio di Roan Johnson è una copia tardiva di Juno, con lo stesso tema: due liceali che vivono la gravidanza di lei non come disastro ma come fatto compiuto e sfida. È un film difficile da recensire perché riflette la natura dei millennials che vuole ritrarre: piccoli adulti figli di genitori immaturi, sicuri di sé ma in balia della precarietà, condannati, come i due protagonisti Ferro (Luigi Fedele) e Cate (Blue Yoshimi) a pronunciare battute senza carattere e a tessere una storia che stenta a sviluppare un arco drammatico.
Diviso in capitoli scanditi dai mesi della gravidanza, Piuma sembra un fiume tranquillo, con piccoli mulinelli – litigi generazionali, viaggi che saltano, una fuga da casa che porta all’appartamento del nonno al piano di sopra – che vanno e vengono. È il moto browniano, per dirla con il linguaggio della fisica, trasformato in piccola, graziosa, evanescente commedia di formazione. Rimane il dubbio, alla fine, che il problema non sia soltanto una sceneggiatura debole ma il fatto che certe storie, o certe generazioni, non fanno cinema.
Questa rubrica è stata pubblicata il 4 novembre 2016 a pagina 92 di Internazionale. Compra questo numero| Abbonati