Gli esperti di marketing lo chiamano “trading up”: è il fenomeno dei consumatori disposti a pagare un prezzo superiore alla media per avere beni o servizi che appartengono alla categoria “new luxury”. Beni che una persona comune si può permettere con difficoltà (magari a rate).

Che si tratti di un frigo da 1.550 euro, di un orologio da 800 o anche solo di un pacchetto di caffè equo e solidale da 10 euro, le marche del neolusso offrono agli acquirenti molto più della loro funzionalità, per lo meno in termini di immagine.

All’origine di questo fenomeno ci sono meccanismi come l’ambizione personale, il desiderio di affermazione sociale, le nostre pulsioni di consumatori e la smania di ostentare status symbol. Sono riusciti a sedurci a tal punto che, secondo alcuni esperti del settore, tra non molto il mercato del neolusso avrà un fatturato di mille miliardi di dollari all’anno. Alcuni di questi beni e servizi sono così ricercati da essersi guadagnati l’etichetta di prodotti “masstige” (un neologismo che fonde i termini “mass” e “prestige”, letteralmente “prestigio di massa”).

L’incremento esponenziale dei clienti dei centri benessere osservato negli ultimi dieci anni è un chiaro indice di questa voglia di lusso. Beauty farm, terme e simili soddisfano quel bisogno di “prenderci cura di noi stessi” che inconsciamente ci portiamo dentro e che gli esperti di marketing hanno identificato come un canale privilegiato per convincerci a metter mano al portafoglio.

Spendere 150 euro per un’oretta scarsa di “trattamenti” vari ci sembra perfettamente sensato, considerata la vita frenetica che facciamo, o che pensiamo di fare. Ormai non c’è più nessun albergo o agriturismo privo degli opportuni impianti benessere.

Se un tempo un minibar ben fornito e l’idromassaggio in camera erano prerogativa degli alberghi a 5 stelle, oggi per stabilire se un hotel meriti la classifica di prima classe controlliamo innanzitutto se offre massaggi watsu (shiatsu in acqua), stone massage, bagni turchi e grotte termali.

E allora? Che male c’è a concedersi qualche lusso ogni tanto? Nessuno, ovviamente, ma è sempre meglio verificare quanto costa all’ambiente in termini di spreco di risorse. L’installazione di infrastrutture per il benessere fa crescere il consumo idrico ed energetico. Non è facile ottenere dati esatti sull’aumento delle bollette dopo l’installazione, per esempio, di un bagno turco.

Ma se prendiamo una delle ultime novità più in voga, la doccia svizzera, non è difficile scoprire quanta acqua bisogna sacrificare in nome del nostro benessere.

La doccia svizzera consiste in un potente getto d’acqua che viene fatto scorrere su tutto il corpo per tonificare i tessuti. Ha l’effetto di un massaggio rinvigorente.

Questo tipo di doccia consuma in genere una cinquantina di litri d’acqua al minuto (oltre il triplo della quantità richiesta da una doccia normale) e in appena tre minuti spreca la stessa quantità d’acqua usata da una persona in una giornata.

I centri benessere consumano enormi volumi d’acqua, che il più delle volte è sottoposta allo stesso trattamento usato per disinfettare l’acqua delle piscine.

Il sottofondo musicale new age e le rilassanti fragranze degli oli dell’aromaterapia possono anche farvi sentire alla grande, ma quasi sicuramente sarete immersi in acqua trattata con cloro, perché è il metodo più economico e diffuso (nonché il più potenzialmente dannoso per l’ambiente) per disinfettare l’acqua di piscine e terme.

Per pulire i filtri delle vasche e abbassare il pH dell’acqua di solito si usa un’altra sostanza tossica, l’acido cloridrico. La pericolosità di queste due sostanze è balzata agli onori della cronaca nel 2002, quando a Des Moines, nell’Iowa, l’operaio di un grand hotel Marriott le ha accidentalmente miscelate. La reazione è stata simile a quella che si ottiene mescolando un liquido sgorgante con della candeggina. Le esalazioni tossiche hanno fatto finire in ospedale 24 persone.

Niente paura, esistono trattamenti alternativi. Proprio per questo conviene chiedere informazioni quando si contatta un centro benessere. L’acqua delle piscine, per esempio, può essere ionizzata utilizzando elettrodi di rame e argento. È praticamente lo stesso metodo usato dalla Nasa per purificare l’acqua a bordo dei suoi veicoli spaziali.

Ma, anche se elimina la necessità di versare regolarmente del cloro nella piscina, questo tipo di disinfezione richiede di tanto in tanto un “trattamento shock” di natura chimica. Si tratta di un intervento piuttosto costoso che di solito prevede l’uso, di nuovo, del cloro.

Per riscaldare le vasche, inoltre, bisogna consumare una gran quantità di energia. Le spa che possono contare su fonti termali naturali ovviamente ne richiedono molta di meno rispetto a quelle riscaldate da impianti alimentati a combustibili fossili. Lì almeno potrete davvero rilassarvi in tutta sicurezza e tranquillità, certi che non starete semplicemente scaricando il vostro stress sull’ambiente.

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