Vladislav Surkov, consigliere del presidente Vladimir Putin, ha un ruolo importante nel formulare il pensiero che guida la cerchia della presidenza. Lo ha fatto in maniera molto chiara recentemente, in un momento in cui il regime appare a corto di idee e dello spazio politico necessario ad azioni coraggiose.
In un articolo pubblicato sul quotidiano Nezavisimaja Gazeta, l’ideologo del Cremlino che ha coniato l’espressione “democrazia sovrana” per descrivere il regime di Putin, sostiene che il sistema di governo creato in Russia dal suo attuale presidente sopravviverà a quest’ultimo, così come il gollismo è sopravvissuto a Charles De Gaulle in Francia o la democrazia statunitense è sopravvissuta alla morte dei suoi padri fondatori.
Il motivo, secondo Surkov, è che lo stato di Putin è in sintonia e lavora per il “popolo profondo”: un concetto antitetico a quello di “stato profondo” delle democrazie occidentali.
Brutalità alla luce del sole
L’idea di Surkov è la seguente: al contrario dei paesi occidentali, la Russia non possiede uno stato profondo gestito da servizi di sicurezza che operano dietro una facciata democratica. Lo stato russo opera alla luce del sole: “Le strutture più brutali del suo sistema di sicurezza sono perfettamente visibili, prive di abbellimenti architettonici”. La Russia non è mai stata governata da una classe di mercanti o di liberali contrari allo stato di polizia. Il potere dello stato è sempre stato chiaramente “un’arma offensiva e difensiva”.
Quel che invece possiede la Russia è un “popolo profondo, con una sua mentalità, a cui sondaggi, propaganda, minacce e altri metodi diretti di analisi e d’influenza non riescono ad accedere”. Questo popolo profondo può essere coinvolto in qualsiasi processo politico, anche in guerre ed esperimenti economici su larga scala, ma solo superficialmente. “Le due esistenze della nazione, quella superficiale e quella profonda, sono talvolta vissute in maniera opposta”, ha scritto Surkov, “ma non si fondono mai fino a diventare una sola”.
Lo stato di Putin – con le sue tendenze autoritarie, la sua spinta espansionistica, i suoi obiettivi di grandezza geopolitica e i suoi impulsi socialmente conservatori – sta andando, secondo Surkov, nella stessa direzione del popolo profondo e non è quindi “soggetto alla pressione distruttrice delle turbolenze storiche”.
Secondo Kordonsky, tre quarti delle famiglie russe sono, in qualche modo, attive nell’economia sommersa
Questa, naturalmente, può sembrare una posizione conveniente da adottare nel momento in cui i sondaggi indipendenti mostrano, per la prima volta da anni, che secondo molti russi il paese sta andando nella direzione sbagliata e che la popolarità di Putin è in calo. Se il popolo profondo non può essere influenzato dai sondaggi e lo stato di Putin riflette i pensieri e i sentimenti nascosti dell’élite al potere, allora non occorre che cambi alcunché e nessuna nuova idea è necessaria.
Il concetto di popolo profondo, che per certi versi spiega come mai gli evidenti cambiamenti d’umore della popolazione ci mettono tanto tempo a trasformarsi in un effettivo cambiamento, non è però un’invenzione di Surkov.
Simon Kordonsky, uno dei più rispettabili sociologi russi, ex collaboratore del Cremlino e oggi professore alla Scuola di alti studi in scienze economiche di Mosca, si è specializzato nell’organizzazione informale della società russa, il modo cioè in cui il popolo profondo di cui parla Surkov si autodisciplina al di fuori di ogni istituzione visibile. Ecco come descrive la parte economica di questa organizzazione informale: “Da un punto di vista sociale, ovvero di relazioni con lo stato, il nostro è il paese più innovativo al mondo. Chiunque deve essere creativo e inventare modi per eludere lo stato e proteggersi contro di esso”.
Secondo Kordonsky, tre quarti delle famiglie russe sono, in qualche modo, attive nell’economia sommersa. In quelle di maggiore successo c’è almeno una persona che svolge, in maniera ufficiale o meno, l’attività di funzionario o di imprenditore. Le statistiche ufficiali non riescono neppure a fotografare l’effettivo luogo di residenza della popolazione russa, perché non registrano molte migrazioni informali, spesso stagionali. Kordonsky, come Surkov, non crede che i metodi sociologici occidentali siano utili per descrivere la Russia.
Quella russa è una società non trasparente fatta di “stati sociali” che resistono al cambiamento e per i quali un’idea desiderabile di futuro consiste nel “riprodurre un passato migliore”.
Complessa simbiosi
Gleb Pavlovsky, un altro ex consigliere del Cremlino, e oggi oppositore di Putin, analizza la sua versione di popolo profondo in una serie di libri dedicati a quello che chiama “sistema Rf” (l’abbreviazione sta per Federazione russa). “La coalizione sociale sulla quale poggia il governo”, ha scritto Pavlovsky nel 2015, “è un pilastro fondamentale dello stato più della costituzione della Federazione russa”. Per Pavlovsky, questa coalizione è fatta di milioni di persone che dipendono, in un modo o nell’altro, dalle risorse finanziarie dello stato. In questo Pavlosvksy riprende la definizione di Kondonsky di un “sistema di stati sociali” fondato sulla distribuzione delle risorse (spesso informale).
Lo stato e il popolo profondo convivono in una complessa simbiosi fatta di autorità coercitiva, evasione e distribuzione. In questo contesto l’aggettivo “profondo” non riguarda le convinzioni e le opinioni, bensì il grado d’integrazione in un sistema organico e privo d’istituzioni sul quale la Russia si è fondata nel corso di vari secoli di mutazioni di regime e di sistema sociale. Negli anni duemila, Putin ha messo fine ai tentativi del decennio precedente di costruire delle istituzioni di tipo occidentale in Russia, erigendo invece un potente sistema di violenza di stato al di sopra di questa rete naturale e informale. Questa violenza non è diretta contro queste relazioni. Serve anzi a renderle possibili e a proteggerle.
Una semplice insoddisfazione emersa nei sondaggi non sarebbe sufficiente a far cadere questo sistema. Per sradicarlo, il sistema di distribuzione delle risorse, compreso il settore sommerso quasi invisibile nelle statistiche ufficiali, dovrebbe smettere di funzionare per una maggioranza di persone, come accaduto prima del crollo dell’Unione Sovietica. Surkov, che al contrario di Kordonsky e Pavlovsky, continua a lavorare per il Cremlino, non è in grado di spiegarlo in maniera così precisa. Ma è su questa idea di popolo profondo che si basa la sua certezza nella stabilità del regime.
(Traduzione di Federico Ferrone)
Questo articolo è uscito su Bloomberg.
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