Il cambio della guardia alla Casa Bianca è accompagnato da commenti economici sulla stampa statunitense. L’ultimo è del premio Nobel Paul Krugman, che suggerisce a Barack Obama di non tagliare le tasse ma di rilanciare la spesa pubblica in grande stile per sostenere l’occupazione.

Il vero problema non è più il fallimento delle banche ma la disoccupazione, ormai al 7,2 per cento, cifra che non si registrava da 16 anni. Uno studio di due economisti statunitensi conferma questa tesi.

Dimostra che negli ultimi duecento anni l’acuirsi delle crisi economiche è sempre legato al crollo del gettito fiscale. Tagliare le tasse, insomma, impoverirebbe ulteriormente la nazione senza alcun effetto benefico.

Deputati democratici e repubblicani suggeriscono invece tagli fiscali maggiori di quelli proposti, specialmente alle imprese. Infine, un gruppo di neokeynesiani chiede un new deal simile a quello degli anni trenta. Ma l’America di oggi è molto diversa da quella di Roosevelt.

Sgravi fiscali e opere pubbliche devono passare per il congresso, dov’è in corso una guerra all’ultimo sangue per ottenere tagli e finanziamenti. Si parla tanto di Obamanomics, ma la nuova dottrina economica ancora non esiste e qualunque sia non avrà vita facile.

Internazionale, numero 778, 16 gennaio 2009

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