La settimana scorsa il colonnello Gheddafi ha fatto una visita-spettacolo a Roma. Il dittatore libico è stato ricevuto con tutti gli onori che si devono a un capo di stato, anche se si è comportato più come una rockstar capricciosa che come un politico. Dalla fotografia di epoca coloniale che portava sul petto all’invito alle donne a farsi proteggere dagli uomini (lui che da anni usa solo guardie del corpo femminili), la visita sarà ricordata come una vera sceneggiata.

Tuttavia, non bisogna farsi ingannare dall’apparenza. Gheddafi non è Totò, ma un abile calcolatore. A Roma è venuto per fare affari. I risarcimenti per il periodo coloniale sono solo un pretesto, come in passato l’ammissione di responsabilità per la strage di Lockerbie e le compensazioni alle famiglie delle vittime.

La Libia ha un gran bisogno dei mercati occidentali. Il rientro nella comunità internazionale, sancito dal mea culpa di Lockerbie, è avvenuto alla vigilia della crisi economica e della caduta del prezzo del petrolio. Il volpone Gheddafi non aveva previsto la variabile recessione.

Internazionale, numero 800, 19 giugno 2009

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