È ufficiale, l’Afghanistan è un paese democratico come le nazioni occidentali. I candidati rivali s’insultano a vicenda, si accusano l’un l’altro di falsificare i voti, di scendere a patti con il crimine organizzato e di commettere brogli pur di essere eletti.
Il battibecco tra Hamid Karzai e Abdullah Abdullah, il suo ex ministro degli esteri, somiglia molto a quello tra democratici e repubblicani statunitensi nel 2000, quando George W. Bush e Al Gore si contendevano la presidenza. Per non parlare poi delle dispute elettorali passate e future di casa nostra.
A vent’anni dal crollo del muro di Berlino, il numero dei paesi democratici è cresciuto ovunque ma il rispetto dei politici per le regole della democrazia diminuisce di giorno in giorno, e presto scomparirà. Nessuno accetta “democraticamente” il principio dell’alternanza, c’è perfino chi vara leggi su misura per rimanere al potere ad infinitum e mettere a tacere la voce del popolo.
È naturale quindi che nessuno si fidi più del proprio sistema elettorale. A questo punto c’è da chiedersi perché ci si ostina a definire democratici questi governi quando nessuno ci crede più?
Internazionale, numero 810, 28 agosto 2009
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