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Il sesso, costi quel che costi

Se nella vostra coppia vigesse un tariffario del sesso sareste ricchi o poveri? Chi sarebbe a pagare, e quanto, e per quali prestazioni?

La risposta dipende soprattutto dal genere di appartenenza. Per scarsità di domanda, il sesso offerto dagli uomini è pressoché privo di valore, se non sul mercato omosessuale. Penetrazione etero? Zero. Cunnilingus? Zero. Massaggio erotico? Sui 150 euro. Gli escort per il pubblico femminile non crescono sugli alberi: in Francia, la percentuale di donne che una volta in vita sua ha pagato una prestazione sessuale è dello 0,6 per cento, contro il 12,7 per cento degli uomini – almeno stando a un’indagine realizzata nel 2004 dal Mouvement du nid, un’associazione che difende i lavoratori sessuali – se non addirittura di un uomo su cinque, secondo l’Enquête sur la sexualité en France (Nathalie Bajos e Michel Bozon, 2008).

Non è quindi una sorpresa che i servizi sessuali offerti dalle donne siano molto più costosi: dagli 80 ai 120 euro per del sesso orale, e dai 1.500 ai duemila per l’intera notte, sempre che si tratti di una escort capace di imporre il suo prezzo. Il margine di trattativa è direttamente legato alla precarietà: per una donna discriminata su più fronti, il prezzo può precipitare a cinque euro. Meno di un kebab.

Se conosco queste tariffe, non è tanto grazie ai giornali, ma soprattutto al podcast Coeur de Michto, prodotto dall’ex prostituta Elie Coeur e rivolto alle “ragazze stanche di farsi derubare per amore”.

Domanda scomoda: una donna che offre sesso gratuitamente può dirsi derubata? Non per forza. La sessualità esiste (per fortuna) anche al di fuori della transazione. Ma qualcosa, nel nostro rapporto con il sesso coniugale, sta decisamente cambiando. Perché il prezzo del sesso, “un segreto noto soltanto alle prostitute e agli uomini” (per citare Elie Coeur), è diventato molto accessibile.

Nascita di un dialogo
Come spiegare la fine di questo segreto? Con i miracoli di internet, va da sé, ma non solo. Stiamo (lentamente) uscendo da un mondo che contrappone la mamma alla puttana, le donne “serie” a quelle dalla virtù grande quanto un francobollo.

Il movimento #metoo ha fatto emergere nuove forme di solidarietà: le prostitute non sono più né nemiche né rivali, e neppure oggetto di fascino. Il loro appellativo è diventato più asettico, in qualche modo tecnico: addio alle puttane e benvenute alle lavoratrici sessuali (per non confonderle con le schiave del sesso, che il loro destino non l’hanno scelto).

La lotta abolizionista è più che mai viva e vegeta, così come la stigmatizzazione/riprovazione sociale (quasi tre francesi su quattro ritengono che la prostituzione sia una forma di violenza, secondo un sondaggio Ipsos del 2019). Ma un dialogo ha comunque preso piede, alimentato da ricerche, testimonianze personali, podcast, e perfino da influencer come Libellule, che su TikTok (libellulelaqueen) e Instagram (@libellule1616) ha un milione di follower.

Questa mediatizzazione del prezzo del sesso sta cambiando la vita quotidiana di chi non ne vende? Io credo di sì. Per una donna, il “tariffario sessuale” è un monito: checché se ne pensi della prostituzione, è una possibilità che esiste. Una scappatoia relativamente discreta dalle difficoltà economiche, e senza selezione all’ingresso. La racconta Louise Brévins nel suo libro Pute n’est pas un projet d’avenir (Grasset, 2023): “Tre righe di presentazione, due clic, uno scatto sfocato. Mi rendo conto che diventare una puttana è più facile che aprire un profilo su Facebook”. L’accesso digitale consente di assegnare un prezzo a pratiche sessuali di ogni tipo senza muoversi da casa, che si tratti di feticismo dei piedi o di una passione per le mutandine usate. Lo stesso vale per le webcam girls (che si riprendono con il computer o lo smartphone).

Tutto è calcolato
La prostituzione solleva domande anche sul nostro rapporto con il denaro e il lavoro. Lo spiega molto bene la scrittrice Emma Becker in La maison (Flammarion, 2019): “Per prostituirsi non serve essere indigenti o pazzi, sessualmente isterici o affettivamente sprovvisti. È sufficiente averne abbastanza di sgobbare per riuscire a comprarsi lo stretto necessario”. Per Louise Brévins “una volta nella vita tutti, uomini o donne, siamo stati la puttana di qualcuno. E dunque, tra lucidare scarpe e fare pompini, tanto vale scegliere ciò che rende di più”. Più in là ancora si spinge il terzo episodio di Le putain de podcast, in cui un lavoratore sessuale, Alex, paragona i rapporti lavorativi al sesso indesiderato: “Quando sono al lavoro ho la sensazione di sprecare il mio tempo, la mia vita, la salute. Sono cose di cui si accusa il lavoro sessuale, ma che valgono per ogni lavoro”.

E la coppia? Non sorprende che, in prima linea sulle questioni sollevate dalla prostituzione, ci sia lei. Il rinnovato slancio femminista ha riportato l’economia al centro dell’attenzione politica, come dimostra il successo del saggio Le couple et l’argent (L’Iconoclaste, 2022).

Tutto rientra nel calcolo: le disuguaglianze salariali e pensionistiche, la manodopera gratuita fornita dalle donne per le faccende domestiche (78 minuti in più al giorno, secondo l’Insee, ovvero 600 euro al mese che andrebbero a una donna delle pulizie). Ma anche il costo mentale, la tassa rosa, le spese legate alla seduzione, l’onere dei contraccettivi e, oggi, anche quello sessuale. Per alcune femministe, rovinarsi per amore non è più accettabile.

Largo ai propri interessi
Vi rassicuro: l’obiettivo non è presentare al partner il conto a fine mese (nemmeno le lavoratrici sessuali lo fanno). È piuttosto far valere i propri interessi: che questo significhi imporre la suddivisione dei lavori domestici o quella degli orgasmi. E qui veniamo al lato positivo di questo ginepraio: la consapevolezza che le donne hanno del proprio valore sessuale permette loro di pretendere rapporti più appaganti ed egualitari.

Ma in quel senso c’è del lavoro da fare: quasi tutti gli uomini raggiungono l’orgasmo durante il rapporto, ma solo due donne su tre eccetera. E questo quando i partner si conoscono bene (con un nuovo partner, stando a uno studio pubblicato nel 2017 su Archives of Sexual Behavior, solo una donna su dieci raggiunge l’orgasmo). A questi rapporti insoddisfacenti si aggiunge la massa di quelli indesiderati (ma consensuali): tutto ciò che ci imponiamo sforzandoci “un po’”, e che emotivamente finisce per costarci molto.

In quest’ottica, una donna che conosce il proprio prezzo ha un potere doppio: quello di dire sì (al sesso che le dà piacere) e quello di dire no (al sesso che non le interessa).

La possibilità di una transazione sessuale, dipinta spesso come un deterrente o come sintomo di una società ripiegata sul suo portafoglio, diventa allora uno strumento di emancipazione. La si può usare perfino per contrastare un certo disincanto contemporaneo: il sesso, quando è gratuito, acquista ancora più valore.

(Traduzione di Matteo Colombo)

Maïa Mazaurette è lo pseudonimo di una scrittrice, editorialista, blogger e pittrice francese, nata a Parigi nel 1978. Nelle sue opere tratta principalmente temi legati alla sessualità, al genere, al ruolo delle minoranze e al corpo. In Italia è stato pubblicato il suo libro Il chiodo fisso (Mondadori). Ha una rubrica mensile sul quotidiano francese Le Monde.

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