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Sicuri che lo smartphone stia rovinando il sesso?

Solo vent’anni fa l’idea di alzare la cornetta del telefono durante un rapporto sessuale era una gag nelle commedie romantiche, per esempio in Love actually. L’amore davvero (2023) di Richard Curtis, un classico del genere.

Ma come spesso succede, la realtà finisce per superare la finzione. Secondo un sondaggio pubblicato a novembre del 2023 sul sito web SellCell, il 54 per cento delle persone preferisce la compagnia del proprio telefono a quella del partner e il 49 per cento lo guarda durante un appuntamento. E, per mettere la ciliegina sulla torta, il 12 per cento ha interrotto un rapporto sessuale per controllare qualche notifica (il 17 per cento delle donne contro il 7 degli uomini).

Qualunque cosa pensiamo di queste violazioni delle elementari regole d’educazione, sono sintomatiche dell’arrivo della tecnologia nei nostri letti: non solo dormiamo con i nostri telefoni, ma facciamo l’amore vicino a loro. E molto spesso sotto la loro influenza (anche se siamo riluttanti ad ammetterlo).

I primi smartphone, così per come li intendiamo oggi, sono comparsi nel 2007, dunque è da 17 anni che le nostre coppie includono una terza figura, la cui capacità invasiva sembra inversamente proporzionale alle sue dimensioni, visto che lo controlliamo decine, se non centinaia di volte al giorno. Secondo uno studio dell’Institut national de la statistique et des études economiques, il 77 per cento dei francesi, e il 94 per cento dei giovani tra i 15 e i 29 anni, possiede uno smartphone. Il ritmo delle nostre vite è scandito dalla consultazione di notizie, messaggi e social network, dalla mattina alla sera, spesso prima di qualsiasi altra attività (state leggendo questa rubrica a letto? Avete dato il buongiorno alla persona con cui vivete?).

Sfuggire all’occhio del partner

Dovendo descrivere la rivoluzione sessuale scatenata dal telefono, bisognerebbe partire dal termine privatizzazione. Le autostrade non c’entrano nulla: in questo caso intendiamo la privacy, dato che lo smartphone (compatto, tascabile, protetto da un codice e spesso dal riconoscimento facciale) è uno spazio in cui la sessualità sfugge agli occhi del pubblico, e quindi al suo giudizio. Cosa non da poco quando si parla di un argomento tabù come il sesso.

Prendiamo la ricerca di nuovi partner: nel saggio Les nouvelles lois de l’amour (2019), la sociologa Marie Bergström ha dimostrato che l’uso delle app d’incontri permette di tenere le avventure sessuali completamente separate dalle cerchie sociali, cioè il lavoro, gli studi, gli amici o la famiglia. Finché vi incontrate con sconosciuti lontano dal vostro quartiere, nessuno lo verrà mai a sapere, perciò nessuno ve ne chiederà conto. Questa invisibilità rappresenta un vantaggio concreto per le donne, finalmente libere dallo stigma della cattiva reputazione.

Oltre che al controllo del gruppo, i telefoni permettono di sfuggire anche a quello del partner. Il 54 per cento dei francesi ha già condiviso almeno una delle proprie password con il partner, ma sono perlopiù quelle per l’accesso a servizi di streaming. Il dato si abbassa drasticamente quando ci avviciniamo alla privacy vera e propria: solo il 19 per cento di noi fornisce il codice per sbloccare il proprio telefono, e solo il 10 per cento accetta di farsi geolocalizzare, secondo il sondaggio ExpressVpn del gennaio 2023. Non è un caso che in questo giardino segreto si annidino le nostre gelosie più profonde: dalla cronologia delle ricerche al flusso dei messaggi, tutti i nostri desideri vi sono rivelati. Compresi quelli inaccettabili nell’ambito della coppia (app d’incontri extraconiugali, fantasie spinte, flirt in ufficio, doppia vita, eccetera).

Ovviamente la privatizzazione della sessualità riguarda anche la pornografia, che come sappiamo è molto diffusa sui telefoni: una pornografia invisibile (a differenza di una rivista), gratuita (a differenza delle linee erotiche), portatile (a differenza del computer di casa), infinitamente disponibile (a differenza dei nostri partner) e che non richiede nessuna interazione con un essere umano (a differenza della videoteca della mia adolescenza).

Nel 2022 l’84 per cento del traffico su Pornhub arrivava dai telefoni (contro il 13 per cento dei computer e il 3 per cento dei tablet). Dieci anni fa erano i computer a dominare questo traffico (51 per cento, contro il 40 per cento dei telefoni e il 9 dei tablet). Vale la pena ricordare che di questa privatizzazione della pornografia non beneficiano solo gli adulti: è sfruttata anche dai minori, che vi soddisfano (nel bene e soprattutto nel male) una parte della loro curiosità sessuale.

Infine, il quadro della privatizzazione non sarebbe completo senza citare l’accesso facilitato agli oggetti sessuali (sex toys, biancheria sexy), ai luoghi riservati (club o feste vicino a casa) e alle conoscenze sessuali.

Il telefono comporta anche un’enorme (e spesso puramente teorica) proliferazione di possibilità: un flusso infinito di potenziali partner sulle app d’incontri (partner la cui vicinanza è enfatizzata dalla geolocalizzazione), una stimolazione costante del desiderio (tramite i social network, la pubblicità, il culto del corpo) e materiali per la masturbazione assolutamente illimitati (porno, podcast, fan fiction erotiche, eccetera). Da questa caverna di Alì Babà sono emersi nuovi codici erotici legati al telefono, come il sexting e il nude (l’invio di foto di nudo). Purtroppo questi codici si accompagnano a nuovi rischi, come quello del revenge porn (diffusione non autorizzata di foto o video privati).

Ovviamente questa disponibilità di ogni possibile forma di sessualità è solo virtuale. Avere un telefono non garantisce la soddisfazione di ogni fantasia: all’onnipresenza della sessualità nel mondo digitale si contrappone la rarità (o addirittura l’assenza) del passaggio ai fatti.

È facile capire come questo possa avere un effetto a catena: con il naso incollato allo schermo, ci dimentichiamo di sbirciare i potenziali partner sui mezzi pubblici; stimolati dagli scenari estremi della pornografia, abbandoniamo l’umile posizione del missionario; storditi dall’offerta sulle app d’incontri, finiamo per non aver più voglia di conoscere nessuno. Tutto ciò si potrebbe riassumere così: l’espansione delle possibilità digitali sta riducendo quelle fisiche.

Domande scomode

Il telefono crea più danni che vantaggi alla nostra vita sessuale? È forse a causa di questo strumento del demonio che i giovani si allontanano dal sesso e le coppie passano da un rapporto alla settimana a uno al mese?

Questa retorica del declino esiste fin dall’invenzione dello smartphone (e probabilmente anche dall’invenzione della ruota e dell’acqua calda). E non è del tutto infondata: fornendoci infinite forme d’intrattenimento (quantomeno sui social network, tra i podcast e i video di YouTube), il telefono ci priva di quei momenti di noia in cui emerge il desiderio.

Tuttavia, prima di dare la colpa alla tecnologia, faremmo bene a compiere un piccolo esame di coscienza. In fin dei conti il telefono resta uno strumento che ci influenza meno di quanto noi lo influenziamo. Se sostituisce tanto facilmente le nostre conversazioni di coppia, forse è perché non avevamo granché da dirci. Se s’insinua nei recessi delle nostre fantasie, è perché non avevamo nessuno a cui confessarle, o che le alimentasse. Se il dispositivo si piega ai nostri desideri, dobbiamo stupirci che si pieghi alla loro assenza?

Facciamoci le domande scomode: è colpa del telefono se la nuova stagione di The crown ci appassiona più della nostra vita coniugale? Ribaltando le visioni castastrofiste che accompagnano ogni innovazione digitale, non potremmo rallegrarci del fatto che il telefono è un mezzo molto efficace per evitare il sesso di cui non abbiamo troppa voglia né bisogno?

Ammettiamolo: se la nostra sessualità fosse più ricca, coinvolgente, piacevole, il telefono resterebbe in salotto. Dargli la colpa non significa risolvere un problema, ma sparare al messaggero.

(Traduzione di Francesco Graziosi)

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