Cos’è. È il nuovo capitolo della serie nata nel 2001 con il titolo The fast & the furious. Questa volta la squadra è composta da Vin Diesel, Jason Statham, Dwayne “The Rock” Johnson, Michelle Rodriguez, Tyrese Gibson, Ludacris e Nathalie Emmanuel. La cattiva Cipher è Charlize Theron, mentre il suo aiutante è Kristofer Hivju (il capo dai capelli rossi dei selvaggi del Trono di spade). C’è anche un impeccabile Kurt Russell, e compare per qualche inquadratura Helen Mirren che interpreta la madre di Statham.
Il film racconta una situazione paradossale: il tradimento di Dominic Toretto (Vin Diesel), ricattato dalla perfida hacker Cipher, costretto a voltare le spalle alla propria squadra/famiglia per lavorare alla distruzione del pianeta Terra. L’azione si sposta tra Cuba, Berlino, New York e il circolo polare artico russo. La regia è di F. Gary Gray (Straight Outta Compton). Sceneggiatura e fotografia sono dei soliti Chris Morgan e Stephen F. Windon.
Com’è. Molti anni fa The fast & the furious sembrava una serie dedicata a chi impazzisce per gli alettoni e le gare di derapate, destinata a un suo pubblico specifico e non troppo largo. Nel tempo le cose sono cambiate, i budget sono cresciuti, il numero di stelle del cinema d’azione imbarcate è aumentato, e con loro il successo globale dei film. Oggi la serie ha smussato gli elementi legati alla subcultura degli appassionati di auto, che ci sono ma vengono dati per scontati, avvicinandosi a una specie di Mission impossible su gomma. Questo ottavo capitolo della serie è uno dei massimi successi commerciali degli ultimi tempi: nel primo fine settimana sono stati incassati circa 530 milioni di dollari, con un calo non indifferente ai botteghini statunitensi ma una crescita notevolissima sugli altri mercati.
È un filmone d’azione che tiene insieme Helen Mirren e Vin Diesel, Cuba e i laghi ghiacciati, dove il cattivo del capitolo precedente si unisce sistematicamente alla compagine dei buoni nel successivo (stavolta tocca a uno Statham in grande forma). Le scene d’azione tendono più a coinvolgere automobili e meccanismi che non persone, con pochi combattimenti corpo a corpo e tanto funambolismo meccanico. Nella squadra di The Rock, che diventa il capo mentre Vin Diesel passa dall’altra parte, non c’è nessun vero cattivo. Sono in sostanza eroi molto forti, pronti a tutto, abili e determinati, ma sono tutti dei buoni: se fanno del male, c’è un bene superiore che li autorizza e li costringe. Il film è apparentemente lungo, ma è anche talmente calibrato nella scansione tra numeri e momenti di preparazione da ricordare un musical classico.
Perché vederlo. Sono quasi due ore e venti di cinema d’azione dove non c’è un attimo di stanca. Ci sono momenti in cui piovono automobili dal cielo, e c’è abbastanza umorismo nei siparietti di Tyrese e Ludacris per tenere insieme suspense, esplosioni e risate. Le interazioni tra The Rock e Jason Statham sono le migliori del film, ma in assoluto tutti girano bene. Molte esplosioni, molti colpi di scena, tanti scambi di battute impeccabili.
Perché non vederlo. Se si ha intenzione di mettere in discussione i rapporti di causa ed effetto degli eventi descritti nel film, la razionalità delle scelte dei personaggi, la verosimiglianza delle azioni, dei comportamenti delle macchine e dei corpi, non è proprio il caso di andare a vedere F&F8. Perché questo film, così come ogni altro della serie, si basa su un presupposto che lo pone serenamente sulla sponda del racconto fantastico: per risolvere qualsiasi problema grave, sia esso legato alla malavita o alla politica internazionale, il punto di partenza fondamentale è possedere un’auto due posti molto potente e veloce. Ecco, non è vero.
Un altro elemento costitutivo della serie, l’unica vera base morale solida su cui poggia, è la famiglia. In altri capitoli (soprattutto nel quinto, sostanzialmente perfetto) questa idea di famiglia era allargata, fatta di relazioni tra manigoldi che uniscono una certa prepotenza alla capacità di identificare i veri cattivi e levarli di torno. Qui al contrario c’è un po’ più di familismo tradizionale ribadito diverse volte, e la cosa risulta stucchevole. L’ibridazione tra piloti e supereroi è ormai evidente, ma in questo senso si rimpiange la scrittura di film come Deadpool e I guardiani della galassia che hanno saputo gestire meglio la relazione tra morale, fascino da fuorilegge e responsabilità dei protagonisti.
Per finire, la regia è indubbiamente efficace e ricchissima in termini produttivi, ma non ha il tocco dei migliori: nei combattimenti corpo a corpo la differenza è evidente. Non aiuta F. Gary Gray una legge ormai incontestabile: l’attività meno cinematografica di sempre è quella dell’hacker, e anche qui Charlize Theron, che esprime la sua perfidia digitando su una tastiera o manovrando un touchscreen, non è il massimo del coinvolgimento.
Una battuta. Regola numero tre: non ci sono regole.
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