Un aspetto positivo per chi fa politica in Italia – da sempre o solo più recentemente – è che può contare su un vasto pubblico disposto a credere a tutto. C’è chi si beve le storie delle “cene eleganti” e chi si beve la storia che negli Stati Uniti i “clandestini” non esistono e che ce li ritroviamo solo in Italia. Beppe Grillo se la prende molto (e spesso a ragione) con la stampa e con le tv italiane, colpevoli di disinformare invece che informare. Ma anche Beppe non scherza affatto quando è il caso di travisare le notizie.
Il caso si chiama Kabobo: quel ragazzo del Ghana che ha trucidato in modo orrendo tre uomini al quartiere Niguarda di Milano.
Kabobo diventa una buona occasione per Grillo per sparare dal suo blog contro gli immigrati irregolari in toto e soprattutto contro l’inerzia e l’inettitudine dei partiti tradizionali, incapaci di affrontare virilmente il fenomeno. Anzi, i casi sono tanti e Grillo ne cita tre: oltre a Kabobo, menziona la vicenda di un senegalese che poche settimane fa ha violentato e poi ucciso una ragazza dalle parti di Livorno e la storia di “un portoghese di origine angolana” che ha aggredito in modo violento, procurando ferite gravi, diverse persone per le strade di Milano.
Così l’uomo nero è servito. E sono serviti pure quelli che fanno tracimare queste bestie sul suolo patrio. “Quanti sono i Kabobo d’Italia? Centinaia? Migliaia? Dove vivono? Non lo sa nessuno”, afferma Grillo sul suo blog. Poi nella serata di giovedì, a uno dei suoi comizi, forse non a caso nel nordest leghista, rincara la dose, raccontando la frottola degli Stati Uniti privi di immigrati irregolari e ripete la solita solfa: ad aver combinato il problema sono i politici italiani incapaci, corrotti, dediti ad altro invece che alla difesa degli italiani.
S’informasse Grillo. Negli Usa vivono almeno dieci milioni di “clandestini” (quindi, in proporzione, molti di più di quelli che troviamo in Italia), soprattutto “feccia sudamericana” contro cui regolarmente si scaglia la destra repubblicana; non a caso uno dei più importanti progetti di Barack Obama non è di cacciarli dal paese (come farebbe Beppe in versione Borghezio), ma di regolarizzarli.
Progetti lontani anni luce da Grillo. Lui assicura che non è razzista (“Ho la moglie iraniana!”) e glielo vogliamo concedere. Ma gioca con il razzismo. Nei commenti al suo post tanti “condividono”, chiedendo che cosa c’entri con il razzismo il fatto che Grillo metta il dito nella piaga del lassismo italiano. E c’è il commento: “Domenica ripuliremo un parco… dando cosi una lezione di ‘civiltà’ agli amministratori pubblici… Poi ripuliremo la nazione…!!!!!!”. Firmato Casa Pound? Forza Nuova? La Destra di Storace? No, Francesco Paolo Colombo dell’M5s di Nola.
Non vorrei essere frainteso. Non credo affatto che l’M5s sia un movimento fascista o espressione di una destra qualunquista. Per molti versi i 5 stelle sono un movimento civico che cerca di mobilitare le energie di tanti cittadini delusi dalla politica autoreferenziale (o anche direttamente dedita a interessi loschi) delle forze politiche finora in campo, e cerca di estendere partecipazione e impegno.
Anzi, a volte viene da credere che abbiamo a che fare con un movimento che cerca di valorizzare il patrimonio di una sinistra italiana impegnata soprattutto ad autoestinguersi. Ricordate l’elenco dei candidati 5 stelle alla presidenza della repubblica? Quella più a destra era Emma Bonino, poi troviamo persone come Milena Gabanelli, Gino Strada, Stefano Rodotà, Gustavo Zagrebelsky, Dario Fo. Solo uno tra i dieci – per giunta quello che poi è uscito dalla rosa per propria scelta – avrebbe firmato quel bel post di Beppe su Kabobo: Grillo stesso.
Dovrebbe chiedere a Gino Strada – i cui medici a Palermo o in Calabria prestano assistenza sanitaria a quelle bestie nere – cosa pensa del suo approccio ai problemi dell’immigrazione, o chiederlo a Fo o a Rodotà. Ma non lo chiede perché già lo sa. Però non gli importa.
Infatti Grillo, non sappiamo se per convinzione o per calcolo, si comporta da “imprenditore politico” (è un termine politologico e non c’entra con i soldi di Grillo, cari lettori, ma con il calcolo di aumentare il tornaconto in termini di voti) molto navigato. La sua uscita su “i Kabobo d’Italia” non è affatto estemporanea. Già diversi mesi fa se la prese con i rumeni. Poi pochi giorni fa aveva polemizzato contro la neoministra Cécile Kyenge e il suo progetto di riforma del diritto di cittadinanza, che prevede l’introduzione dello
ius soli. Adesso rincara la dose contro quei criminali efferati venuti dall’Africa. Tre indizi, come si sa, fanno una prova.
Grillo sa benissimo che il suo movimento è trasversale: molti, moltissimi elettori e attivisti vengono dalla sinistra ma, soprattutto negli ultimi tempi, si sono aggiunti anche tanti con un passato leghista o Pdl. Quegli elettori sono felicissimi di sentire sbraitare Grillo con messaggi che altrove in Europa sono prerogativa delle destre populiste, di Marine Le Pen o di Geert Wilders: “Prima gli italiani!”.
Quest’approccio non ha niente a che fare con un’analisi seria sulle dinamiche di immigrazione, dato che senza i milioni di immigrati tutta l’Italia sarebbe paralizzata, a cominciare dalla famiglie che, senza “l’esercito invasore” delle badanti e in assenza di un vero stato sociale, avrebbero chiuso bottega da un bel po’. Non c’è neanche un’analisi sulle cause della criminalità, fatta in casa o estero-vestita che sia. Né una sul lassismo dello stato, sulla sua incapacità (o anche, spesso, svogliatezza) di affermare il principio di legalità, il rispetto delle regole, la certezza della pena eccetera: quel lassismo semmai è generalizzato, senza distinguere granché tra locali e immigrati. Come indifferenziata è anche l’assenza di politiche sociali, di assistenza, di osservazione, di prevenzione.
Ma tutto questo a Grillo non importa. Gli importa capitalizzare la rabbia cieca di chi a ogni crimine commesso da un immigrato si scorda volentieri tutta la sfilza di crimini italiani doc. Grillo ama vantarsi del fatto che lui “argina” le pulsioni violente dei cittadini disperati. In questo caso purtroppo è vero il contrario: il suo appello contro “i Kabobo d’Italia” è un appello all’odio, niente di più.
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