È molto curioso che Silvio Berlusconi pretenda che sia suo inalienabile diritto andare dentro. No, non dentro le patrie galere, visto che ha avuto una condanna definitiva a quattro anni. Ma dentro la politica. Infatti reclama a gran voce la sua “agibilità politica”, il suo “diritto” a fare il capo partito e a condurre la campagna elettorale per le elezioni europee.

Un diritto che non sta scritto da nessuna parte se non nel fantomatico codex arcoriensis, il suo codice personale che l’ex cavaliere oppone strenuamente alle leggi italiane. Nel pomeriggio del 10 aprile il tribunale di sorveglianza di Milano si riunirà per decidere sul suo caso. Ed è possibile che la sua pretesa di avere un trattamento di favore avrà successo un’altra volta.

Riassumiamo brevissimamente i fatti. Berlusconi - dal 1 agosto 2013 condannato definitivo per frode fiscale e dal 27 novembre 2013 decaduto dal senato - ora dovrà cominciare a scontare la pena: solo un anno, grazie all’indulto del 2006. E starà ai giudici di Milano decidere la forma dell’espiazione, optando tra arresti domiciliari e affidamento in prova ai servizi sociali. Al di là di quale sarà la decisione, alcuni paletti sono già stati fissati dalla sentenza di condanna (e da quella di primo grado del caso Ruby): Berlusconi ha perso il diritto di voto attivo e passivo e ha il divieto di frequentare pregiudicati e minori.

Stranamente questi fatti inconfutabili passano in secondo piano. Berlusconi è un cittadino a cui la giustizia ha sospeso i diritti politici fondamentali - quelli di voto - perché è stato condannato. Ma in Italia solo affermare questo fatto passa per una presa di posizione (“ostile”), mentre non è altro che una constatazione. E intanto Berlusconi continua a comportarsi come se la condanna non ci fosse mai stata.

La prima mossa: far finta di niente. L’ex cavaliere va in giro, si fa ricevere dal presidente della repubblica (per le consultazioni sulla formazione del governo, ma anche per parlare della sua agibilità politica) e dal presidente del consiglio (per discutere di leggi elettorali che non lo riguardano neanche lontanamente, visto che non può essere né candidato né elettore).

La seconda mossa: pretendere di scegliere come scontare la pena. Berlusconi reclama l’affidamento ai servizi sociali, anche se è molto dubbio che ne abbia i requisiti. Infatti la corte di cassazione ha stabilito con una sentenza che l’affidamento ai servizi sociali è applicabile solo se il condannato ha avviato un percorso di ravvedimento. Sarà difficile dimostrare ai giudici che Berlusconi si sta ravvedendo: insulta continuamente i magistrati definendoli persecutori, torturatori, golpisti. Eppure vuole l’affidamento ai servizi sociali.

E vuole anche poter fare campagna elettorale. La cosa incredibile è che in Italia questa pretesa è seriamente presa in considerazione. “È stato votato da milioni di persone”, “è il capo del secondo partito italiano” (che in verità è il terzo). Ma in quale parte del codice penale sta scritto che questi argomenti possano dar vita a privilegi giuridici?

La cosa ancora più assurda, però, è che questa strategia sembra funzionare. I

rumours della vigilia dicono che effettivamente Berlusconi potrebbe essere affidato ai servizi sociali in una versione blandissima (un pomeriggio la settimana con anziani disabili) e che magari avrà anche il tempo e la libertà di fare i suoi comizi, con l’unica limitazione che alle 23 dev’essere a nanna ad Arcore.

Non si può fare altrimenti, altrimenti si crea il martire: è questo l’argomento a favore del prospettato trattamento di favore. Si preferisce una finta normalità che giorno dopo giorno cancella il fatto inconfutabile che Berlusconi è reo di frode fiscale, concedendogli la possibilità di infischiarsene della sentenza.

Non sto invocando un trattamento particolarmente duro nei suoi confronti. Basterebbe applicare la legge e rottamare finalmente quel codex arcoriensis che invece sembra godere di ottima salute.

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