Ad agosto le dimissioni a sorpresa del primo ministro giapponese Shinzō Abe per motivi di salute hanno sollevato molte domande sull’eredità del premier che ha governato più a lungo il paese. Una di queste è se il suo successore, Yoshihide Suga, sarà in grado di assumere il ruolo di equilibratore geopolitico svolto da Abe, mentre la tensione tra Cina e Stati Uniti continua a salire. Questi due paesi sono fondamentali per la prosperità e la pace del Giappone: gli Stati Uniti sono i garanti della sicurezza e il secondo partner commerciale di Tokyo, mentre la Cina è il primo partner commerciale e il suo vicino più prossimo.

Dopo la rielezione a primo ministro nel dicembre 2012, Abe ha gestito abilmente le relazioni con entrambi. Ha cercato in tutti i modi di farsi amico Donald Trump, mentre il presidente statunitense sosteneva che i rapporti commerciali con il Giappone non erano “né equi né aperti”, e pretendeva un contributo maggiore di Tokyo al mantenimento delle truppe americane in Giappone. Abe ha ulteriormente accontentato la Casa Bianca, impedendo al gigante cinese delle comunicazioni Huawei di partecipare alla costruzione della rete 5g nell’arcipelago. Al tempo stesso ha coltivato i legami con il presidente cinese Xi Jinping, facendo un viaggio diplomatico a Pechino, nell’ottobre 2018, per il primo vertice sino-giapponese in sette anni. Con le relazioni tra Cina e Stati Uniti in caduta libera, Xi aveva progettato una visita di stato in Giappone nell’aprile 2020, che sarebbe stata la prima di un leader cinese dal 2008. L’incontro però è stato rimandato a causa della pandemia di covid-19.

Per Suga però sarà sempre più difficile evitare di prendere posizione nello scontro tra Washington e Pechino. A breve dovrà prendere una decisione sull’eventuale visita di stato di Xi. Nel Partito liberaldemocratico di Suga molti sono contrari alla visita, a causa della repressiva legge sulla sicurezza nazionale che Pechino ha imposto di recente a Hong Kong. Una visita di stato in Giappone di fronte alle telecamere sarebbe una vittoria per Xi, ansioso di dimostrare che la strategia di contenimento della Cina attuata dall’amministrazione Trump sta fallendo. La pressione di Pechino per stabilire una nuova data metterà Suga in una situazione difficile. Acconsentire ai desideri della Cina gli costerebbe un importante capitale politico in patria, ma cancellare l’incontro danneggerebbe i legami con Pechino. La sola cosa che il nuovo primo ministro può fare è trovare tutte le scuse possibili per continuare a rimandare la visita il più possibile.

Tra Washington e Pechino
Comunque le tensioni sul vertice sino-giapponese non saranno niente in confronto al probabile impatto sul Giappone delle due dispute che opporranno Cina e Stati Uniti nei prossimi anni. In primo luogo gli Stati Uniti inviteranno il Giappone a rafforzare le limitazioni su alcune tecnologie chiave che il paese fornisce alla Cina. Ma con più di 38 miliardi di dollari investiti in Cina e quasi 14mila aziende attive nel paese, per il Giappone sarebbe economicamente rovinoso e nocivo dal punto di vista diplomatico rispettare alla lettera le sanzioni statunitensi. Nessuno sa in che modo Suga, che è stato capo di gabinetto di Abe negli ultimi otto anni, riuscirà ad accontentare Washington senza far infuriare la Cina o viceversa.

Il nuovo primo ministro si troverà a fare i conti con una situazione più dura anche nelle questioni di sicurezza. In qualità di membro della cosiddetta Quad – un’alleanza che include anche Australia, India e Stati Uniti – il Giappone dovrà gestire le richieste di Washington di partecipare più spesso a esercitazioni navali congiunte per rispondere alle rivendicazioni territoriali di Pechino nel mar Cinese meridionale. Nel 2019, per esempio, una portaerei giapponese si è unita alle esercitazioni navali coordinate dagli Stati Uniti in acque rivendicate dalla Cina. Pechino non ha reagito, dato che le relazioni bilaterali tra i due paesi erano migliorate. Ma potrebbe farlo in futuro.

Una cosa che potrebbe distruggere completamente i legami tra Cina e Giappone sarebbe lo spiegamento di missili statunitensi a medio raggio sul territorio giapponese. Il Pentagono è ansioso di posizionare armamenti ai confini con la Cina continentale, e il Giappone è un luogo ideale. I missili sono ancora in fase di sviluppo, ma quando Washington ne avrà prodotto quantità sufficienti, farà pressione su Tokyo. Se Tokyo dovesse accettare, le relazioni con Pechino potrebbero conoscere la peggior crisi da quando i due paesi le hanno ripristinate nel 1972.

Niente di tutto questo è colpa di Abe o di Suga. Ma i problemi illustrano una volta di più la delicata situazione di un paese schiacciato tra due giganti in lotta tra loro e gli ostacoli che dovrà superare il nuovo primo ministro giapponese.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è uscito sul numero 1377 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

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