Può capitare ovunque: a una cena, al pub, durante la fila per l’autobus, in classe o in una libreria. Attacchi a parlare con qualcuno che non conosci e tutto procede bene, poi a un tratto, senza preavviso, senti le quattro parole che segnalano che questo rapporto non ha un futuro al di là del tempo necessario per dire: “Penso che ti piacerà”.

Questa frase è già abbastanza presuntuosa se usata, poniamo per un sapore particolare. Ma se state parlando di libri, film o musica, allora è assolutamente imperdonabile, una barbarie sociale come dare una pacca sul sedere. Pensi che mi piacerà, vero? Bene, mi ci sono voluti più di cinquant’anni per cominciare a farmi un’idea di quello che penso potrebbe piacermi, e anche così mi sbaglio metà delle volte, perciò quante possibilità credi di avere?

Ogni tanto incontro qualcuno capace di darmi consigli ragionevoli e azzeccati nei primi cinque anni della nostra conoscenza, ma in generale quelli a cui do ascolto sono persone che conosco da una ventina d’anni, di cui parecchi trascorsi a discutere di cose che amiamo e odiamo.

Di solito i critici ci chiedono di credere che il fattore più importante nella nostra reazione a un libro dovrebbe essere la sua qualità oggettiva – un buon libro è un buon libro – ma noi sappiamo che non è vero. Il gusto e lo stato d’animo sono importanti, ovviamente, ma gusto e stato d’animo sono determinati da bagaglio culturale, professione, salute, disponibilità di tempo libero, stato civile, condizioni del matrimonio, genere (gli uomini non leggono molta narrativa, il che è deprimente), età, età dei figli, rapporti con figli e genitori, parenti e, magari, un’esperienza sfortunata con V di Thomas Pynchon quando eravamo adolescenti arrogantii e troppo ambiziosi.

Per combinazione, mi hanno chiesto di scegliere una quarantina di libri per il Writer’s table di Waterstone, un’iniziativa in occasione dell’Anno dello scrittore e credo che vi piaceranno. O almeno credo che un paio vi piaceranno, anche se ovviamente non ho idea di quali e sicuramente non ho idea di chi siate o delle condizioni in cui si trova il vostro matrimonio.

Come molti lettori mi considero piuttosto bravo a raccomandare libri (fino alle recenti catastrofi economiche avevo carezzato l’idea di mettermi a fare l’addetto alle pubbliche relazioni, ma forse questo non è il momento opportuno), perciò vedermi offrire l’opportunità di comunicare i miei entusiasmi e le mie scoperte a un pubblico riconoscente è un privilegio esaltante.

Ma da dove cominciare? Come dovremmo decidere quali libri sono ancora importanti per noi? Per un aspetto importante, mi sembra, i libri che hanno formato e guidato i nostri gusti in momenti cruciali della nostra vita sono come gli amici del passato: oggi non vuoi necessariamente andare in vacanza con loro.

Se dovessi rileggere

Il mago di John Fowles, continuerei a farlo per 18 ore filate, con la bocca spalancata (e relativa dovizia di bava, presumibilmente), proprio come mi è successo più di trent’anni fa? Questo romanzo non è rimasto con me, ma l’esperienza di divorarlo sì. È uno dei motivi per cui ancora oggi sono un lettore perennemente speranzoso, pronto a credere che il tascabile che ho appena comprato possa risucchiarmi, ispirarmi, modificarmi.

“Se avessi 16 anni, questo libro forse mi avrebbe appassionato”, ha scritto impietosamente un lettore sul sito di Amazon. “Sembra tutto molto stupido ora”, dice un’altra che ha ripreso in mano il romanzo letto da giovane. Sospetto che non dovrei più guardarlo, anche perché ricordo il gigantesco trucco narrativo che ci tolse collettivamente il respiro negli anni settanta. Non mi farei ingannare di nuovo, purtroppo.

Sono contento di aver letto i romanzi di Hardy quando ero studente: avevo una grande fame di infelicità allora. Essere genitori comporta abbastanza ansie anche senza doversi preoccupare che i tuoi figli si impicchino perché non riesci a mantenerli, come succede ai figli di Jude Fawley.

Il primo romanzo di Dickens che ho letto è stato Casa desolata, e per qualche tempo, anche dopo aver letto quasi tutti gli altri, sono rimasto certo che fosse il suo capolavoro. L’ho riletto un paio di anni fa ed è stato uno shock scoprire che Esther Summerson, che narra un buon pezzo del libro, è una palla insopportabile. Perché non me ne ero accorto? Sono un critico più attento ora, oppure ero semplicemente più gentile e indulgente da giovane?

Se siamo fortunati, leggiamo i libri giusti nei momenti giusti, e sia i libri che i momenti dovrebbero essere lasciati in pace. Avete già letto Moby Dick? No? Be’, allora non ritornate sul Giovane Holden. È stato grande un tempo e forse chiedete troppo da lui se volete che sia grande di nuovo. Con questo non intendo sminuire i libri che abbiamo letto in fasi precedenti della nostra vita, nè sostenenre che invecchiando le nostre facoltà critiche si acuiscono – la triste verità è che perdiamo almeno quanto guadagniamo.

Praticamente ogni singolo libro sulla mia scrivania l’ho letto negli ultimi cinque anni, e la maggior parte di loro sono stati rodati su amici e familiari. Forse non vi piaceranno, ma almeno so cosa ne penso oggi e posso sostenerli, difenderli, discuterne. Non so se potrei farlo per Figli e amanti o, magari, per On the road.

Non credo che dovreste leggere tutti i libri del mio elenco né credo neppure che dovreste averli già letti. In realtà spero che non lo abbiate fatto. La lamentela che sento più spesso dai lettori è che sono fermi, prigionieri del tran tran, stufi dei percorsi letterari che seguono di solito.

Se, grazie ai miei suggerimenti, qualcuno partirà per un viaggio di lettura che normalmente non avrebbe fatto e questo viaggio finirà in quella specie di beato, divorante coinvolgimento che tutti provavamo un tempo agli inizi della nostra vita di lettori, allora sarò contento. Nel frattempo, se qualcuno conosce un libro che possa incantare un cinquantenne-e-passa proprio come Il mago affascinò il suo io diciannovenne, per favore me lo faccia sapere.****

Cronache da una catastrofe, di Elizabeth Kolbert. Kolbert parla con gli scienziati che sanno davvero cosa sta succedendo al nostro pianeta, e le sue conclusioni sono sconvolgenti. Un libro rigoroso ed elegante, che fa paura.

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This boy’s life, di Tobias Wolff. **Divertente, commovente e totalmente privo di autocommiserazione, questo libro ha insegnato a un’intera generazione di scrittori come affrontare un’autobiografia.

Samaritan, di Richard Price. Tutti i romanzi di Richard Price hanno una trama splendidamente congegnata e sono assolutamente credibili. Questo è avvincente come pochi, con una dimensione etica in omaggio.

Brilliant orange, di David Winner. Un libro intelligente, dotto e fantasioso sul calcio. Sì, si può fare, ma bisogna essere pensatori originali come David Winner.

Sweet soul music, di Peter Guralnick. Uno dei cinque libri preferiti di Rob Fleming, il protagonista di Alta fedeltà. E se è buono per lui dev’essere buono anche per me. Definitivo.

**Scenes from a revolution, di Mark Harris. **Il libro sulla produzione di film più acuto che abbia mai letto. E come tutta la migliore non fiction, va molto oltre l’argomento dichiarato.

Napoli ‘44, di Norman Lewis. Esilarante, tragico, surreale. La versione non fiction di Comma 22 firmata da un grande scrittore di viaggi.

What good are the arts?, di John Carey. Insieme all’altrettanto brillante The intellectuals and the masses, questo libro dovrebbe aiutarvi a eliminare tutti quei pregiudizi pigri e ostinati che vi hanno sempre dato problemi.

**Spies, di Michael Frayn. **Un romanzo a più strati sulla topografia dell’infanzia, commovente, semplice e abile. Michael Frayn è un tesoro nazionale e questo, secondo me, è il suo libro migliore.

Ballando in America, di Lorrie Moore. Lo so, lo so, i racconti brevi non vi piacciono. Come posso convincervi che quelli di Lorrie Moore sono memorabili e meritano la stessa attenzione dei vostri romanzi preferiti?

The child that books built, di Francis Spufford. Una monografia maestosamente profonda sui nostri primi contatti con i libri: cosa ci hanno fatto e perché.

**Un complicato atto d’amore, di Miriam Toews. **Una voce narrativa fresca e originale che ci parla di una comunità di cui non sappiamo nulla. Cos’altro volete dalla narrativa contemporanea?

C’era una volta la Ddr, di Anna Funder. Raccapricciante, naturalmente, ma anche bizzarro e denso di straordinari episodi narrativi, questo libro è la storia delle persone che hanno vissuto il più strano, crudele e ambizioso esperimento di controllo del pensiero del novecento.

Le fantastiche avventure di Kavalier e Clay, di Michael Chabon. Un’epica profondamente gratificante e immaginifica sull’America del novecento, vista attraverso il prisma dei suoi fumetti e dei giovani che li hanno creati.

Una famiglia a caso, di Adrian Nicole LeBlanc. Un esempio straordinariamente ambizioso di giornalismo allargato su due giovani donne belle, vincenti e condannate. Illuminante e coinvolgente come la serie 7 up di Michael Apted.

The republic of love, di Carol Shields. Un romanzo sull’amore intelligente e allo stesso tempo profondamente romantico, come non ce ne sono troppi in giro. La voce sapiente, calda e spiritosa di Carol Shields ci manca ancora molto.

Skellig, di David Almond. Rifiutarsi di leggere questo libro perché non siete più bambini è come rifiutarsi di leggere un poliziesco perché non siete poliziotti. Un’opera profonda e incantevole.

Ladra, di Sarah Waters. La narrativa di Sarah Waters è divertimento serio, come dovrebbero esserlo tutti i romanzi, e Ladra ha uno degli intrecci più stupefacenti che vi capiterà mai di leggere.

La moglie del mondo, di Carol Ann Duffy. La signora Van Winkle, la signora Darwin e la signora Mida raccontano il loro punto di vista, con umorismo amaro e una stanca perspicacia.

Le sirene di Titano, di Kurt Vonnegut. Vonnegut non ha scritto neanche un romanzo così così, il che significa che ci sono molte gemme trascurate. Questo, che contiene una spiegazione decisamente terrena del perché siamo qui, è uno dei miei preferiti.

Sixty stories, di Donald Barthelme. I racconti brevi di Barthelme hanno avuto un’influenza enorme su un’intera generazione di scrittori americani. Ma non è tutto. Sono anche divertenti, unici e ultraterreni.

David Copperfield, di Charles Dickens. Avrei potuto prenderne uno a caso, o quasi. Ma questo va a braccetto con Grandi speranze: genio comico, maniacale energia narrativa e alcuni – tanti! – dei suoi personaggi più memorabili.

Padre e figlio, di Edmund Gosse. Il primo memoriale autobiografico, ma non ne troverete altri così autoconsapevoli, profondamente sentiti e così ben scritti. Un Non ci sono solo le arance vittoriano.

Voci fuori campo, di Ali Smith. Un tour de force, un romanzo sull’ordinario e lo straordinario, un libro contemporaneamente sperimentale e leggibile? Ali Smith è un originale britannico, una scrittrice vera e preziosa.

The invisible woman, di Claire Tomalin. Una biografia formidabile, avvincente e acuta, proprio come un grande romanzo, sulla complicata organizzazione familiare di Charles Dickens.

**La storia del signor Polly, di H.G. Wells. **Wells non ha scritto solo fantascienza. Questa è una storia solare e ottimistica su un uomo che rifiuta di rassegnarsi.

**Molesworth il fortissimo, di Geoffrey Willans e Ronald Searle. **L’unica opera di letteratura a fumetti che mi fa ridere ogni volta che la leggo. Una consolazione e una gioia.

Le avventure di Huckleberry Finn, di Mark Twain. Un “classico per bambini”, secondo alcuni. Senz’altro, ma è anche una delle descrizioni migliori e più fantasiose di cosa significa essere americani.

Chronicles, di Bob Dylan. Ritratto brillante e spigoloso dell’artista come consumatore d’arte e l’autobiografia più meditata di un musicista – di un interprete di qualunque mezzo espressivo – che abbia mai letto.

La morte non dimentica (Mystic River), di Dennis Lehane. Diciamo la verità: la maggior parte delle opere letterarie non è così avvincente da farvi correre il rischio di finire contro un lampione leggendole. Ma La morte non dimentica è un’opera letteraria. E vi farete male alla testa.

Fun home, di Alison Bechdel. Sono stati pubblicati molti splendidi fumetti negli ultimi anni, ma questo è forse il più ricco e il più commovente. Intenso e complesso come un libro “vero”.

The railway man, di Eric Lomax. Memorie tormentate e commoventi, capaci di ispirare tolleranza e perdono. Se non piangete a dirotto vuol dire che siete dei robot.

The giant’s house, di Elizabeth McCracken. Elizabeth McCracken ha scritto due bei romanzi e uno splendido libro di memorie. Questo, il suo debutto, è un classico moderno, luminoso e straziante.

Il declino dell’impero Whiting, di Richard Russo. Un ritratto epico, generoso, divertente, doloroso e assolutamente magnifico di una città moribonda e delle persone che in qualche modo riescono a sopravviverci.

Selected poems, di Sophie Hannah. Divertente, malinconico, penetrante e vero? Sophie Hannah è l’erede al trono della brillante Wendy Cope.

The wife, di Meg Wolitzer. Un romanzo durissimo e tagliente come un rasoio sulla politica sessuale della scrittura. L’argomento vi sembra un po’ limitato? Dopo averlo letto vi chiederete se la narrativa parla d’altro.

Ristorante nostalgia, di Anne Tyler. Questo libro mi ha cambiato la vita: non sapevo che i romanzi potessero essere così caldi, saggi e accattivanti finché non l’ho letto. E da allora cerco, senza riuscirci, di scuotermi di dosso Anne Tyler.

**Housekeeping, di Marilynne Robinson. **Il primo romanzo di Robinson, scritto venticinque anni prima di Gilead, la sua seconda opera altrettanto splendida. Un libro lento, straordinario, mistico e struggente che parla dei morti e di come ossessionano i vivi.

The blind side, di Michael Lewis. The blind side unisce all’analisi tattica il racconto della vita e dell’incredibile carriera di un giovane atleta. Con questo libro sul football americano e con Moneyball (sul baseball) Lewis ha scritto le due migliori opere sullo sport degli ultimi anni.

Quando ho imparato a respirare sott’acqua, di Julie Orringer. Un’opera prima riuscita come uno spera sempre di trovarne. Le storie lucide e tristi di Julie Orringer sono difficili da dimenticare.

Nick Hornby è uno scrittore britannico nato nel 1957. Il suo ultimo romanzo è Tutto per una ragazza (Guanda 2008). È in uscita Shakespeare scriveva per soldi (Guanda), raccolta delle sue column scritte per The Believer e pubblicate in Italia da Internazionale.

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