Per il secondo mese consecutivo in Italia salgono i prezzi. A marzo l’inflazione è dello 0,1 per cento rispetto a febbraio, quando a sua volta l’aumento era stato dello 0,4 per cento rispetto a gennaio. Non accadeva da undici mesi.
Ecco il risultato dei dati elaborati dall’Istituto nazionale di statistica (Istat), che monitora costantemente l’andamento dei prezzi di un insieme di beni e servizi rappresentativi degli acquisti degli italiani. I prezzi hanno così recuperato buona parte del terreno perduto tra novembre e gennaio, interrompendo il rallentamento dei mesi precedenti. L’indice armonizzato per l’Unione europea, che dal 1997 è usato dalle agenzie statistiche dell’Unione per garantire al suo interno una misura dell’inflazione comparabile, dà segnali ancora più positivi per l’Italia: +2,1 per cento rispetto a febbraio.
Sono buone notizie per la Banca centrale europea (Bce). Con l’obiettivo di portare l’inflazione vicina al 2 per cento stabilito dai trattati, il 22 gennaio Mario Draghi, che a capo della Bce governa le politiche monetarie dell’area euro, ha lanciato un ambizioso programma di acquisto di titoli, il cosiddetto quantitative easing, che riverserà sull’economia dell’eurozona oltre mille miliardi di euro di qui al settembre del 2016.
L’indagine trimestrale sulle banche europee, pubblicata questa mattina dall’istituto di Francoforte, mostra che il 28 per cento degli istituti di credito del continente ha usato i fondi provenienti dalla Bce per concedere prestiti alle imprese. Il 35 per cento intende farlo nei prossimi mesi, riattivando il meccanismo di trasmissione tra la politica monetaria e l’economia reale, che si è interrotto negli ultimi anni.
I dati di oggi giungono al termine di una giornata in cui la produzione industriale italiana ha mostrato piccoli segni di miglioramento. Da gennaio a febbraio è salita dello 0,6 per cento, anche se l’anno perduto del 2014 continua a mordere: è di -2,2 per cento rispetto al febbraio precedente.
Sempre nella giornata di lunedì, piazza Affari, sospinta dall’euforia delle borse europee, ha toccato i 24mila punti, raggiunti l’ultima volta nel 2007, prima dell’inizio della crisi. Ma se la finanza festeggia sull’onda di Draghi, questi lunghi anni hanno insegnato a politici e commentatori che c’è sempre un angolo in più da svoltare, e le attese eccessivamente ottimistiche sulla presunta fine della crisi si sono spesso scontrate con la realtà.
Un’inflazione in crescita e la congiuntura in apparente miglioramento aiutano un governo che ha bisogno di crescita economica per scrollarsi di dosso una montagna di 2.169 miliardi di euro in debito pubblico, come quella certificata questa mattina dalla Banca d’Italia nel suo bollettino statistico.
Eppure, se anche i segnali positivi dell’inizio del 2015 saranno confermati nei prossimi mesi, il governo dovrà attendere ancora prima di vedere salire quella variabile fondamentale che è rappresentata dall’occupazione, tradizionalmente l’ultima a migliorare.
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