In due anni Erdoğan ha costruito la terza repubblica turca
Il secondo anniversario del tentativo di colpo di stato e del suo insuccesso è stato celebrato in pompa magna, trattandosi del primo evento pubblico del nuovo governo entrato in carica dopo le elezioni. In realtà gli sforzi per soffocare il tentato golpe potevano essere celebrati come un trionfo della democrazia. Inoltre il fatto che tutti i partiti politici siano uniti nel condannare il tentativo di colpo di stato potrebbe essere visto come un’occasione di consenso politico e sociale.
Tuttavia la situazione politica ha preso una svolta diversa e questo evento ha accelerato il processo di cambiamento di regime in corso in Turchia. Il presidente ha deciso di fare di questo momento un passaggio storico di rottura con il vecchio sistema e di creazione della nuova Turchia. L’evento è stato paragonato ai grandi passaggi della storia turca, in particolare con la lotta d’indipendenza, ed è diventato un elemento essenziale della retorica storica del nuovo regime. Naturalmente, come in tutti i casi di rivoluzione o cambiamento di regime, si è rivelato essere un simbolo d’esclusione di tutti quanti sono critici o scettici nei confronti del nuovo corso. Ciononostante dal momento che il cambiamento di regime è stato il prodotto di una serie di elezioni e referendum, quanti si oppongono al cambiamento non sono stati perseguitati nella maniera che solitamente segue rivoluzioni e colpi di stato.
Lo stato d’emergenza è ancora in vigore, perché il nuovo regime è la forma istituzionalizzata di un governo d’emergenza
In questo caso sono stati prima esclusi dalla gioia dei festeggiamenti e poi, probabilmente, dal processo di costruzione della nuova nazione. La nuova “comunità immaginata” viene definita come l’insieme dei veri figli e figlie della nazione, i quali scoprono che il presidente non è un vincitore ordinario di un’elezione ma il padre fondatore della Nuova Turchia o della “Terza repubblica”, come alcuni la definiscono. È per questo che opporsi al presidente e al suo tentativo di costruire un nuovo regime non sarà visto come una scelta politica comune o una differenza d’opinione ma come una scelta grave.
Anche se l’opposizione si rifiuta di vedere la realtà, il processo di esclusione è già cominciato, dal momento che il presidente non si è riferito al principale partito d’opposizione come a un rivale politico bensì come a un collaboratore dei terroristi gülenisti e curdi, condannando tutti gli oppositori come pedine dei nemici della Turchia. Non è così che si definiscono i rivali o gli oppositori politici durante delle normali elezioni democratiche.
Lo stato d’emergenza è ancora in vigore, perché il nuovo regime è la forma istituzionalizzata di un governo d’emergenza. Che ci piaccia o meno, tutti i nuovi regimi sono creati da persone dotate di poteri straordinari e molto centralizzati. La cosa potrebbe infastidire i kemalisti, ma anche la Repubblica turca è stata fondata con analoghe modalità da Mustafa Kemal e dai suoi collaboratori. Tuttavia esistono, naturalmente, delle differenze. Prima di tutto il fatto che il regime kemalista sia stato creato in maniera più diretta e più radicale, e il suo progetto prevedeva la creazione di una nazione turca laica, moderna e occidentalizzata.
Questo non significa che non sia lecito criticare le politiche di costruzione del nuovo regime. Io sono tra le persone preoccupate dagli effetti di tutti i processi di costruzione di un regime poiché implicano misure di esclusione e autoritarie in nome della costruzione sociale. Per questo ho sempre criticato il deficit di democrazia del regime di Kemal, pur avendo un’alta opinione dei suoi princìpi di laicità. In realtà ho trascorso tutta la mia vita adulta difendendo le riforme politiche democratiche del sistema kemalista, invano. I cambiamenti di regime avvengono se i sistemi politici non riescono a riformarsi, ed è proprio quel che è successo in Turchia.
(Traduzione di Federico Ferrone)