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Una fortuna sfacciata

Henrik Sorensen, Getty Images

Il filosofo Galen Strawson ha il talento di tradurre le grandi questioni astratte – cioè quel tipo di cose che diamo per scontato interessino a pochi al di fuori delle aule di filosofia – in interrogativi personali e inquietanti. Tanto che non riesco ad andare avanti con la mia giornata fino a quando non ho capito qual è la mia posizione su quel problema, o almeno fino a quando non sono distratto da un neonato che piange o da un succulento cheeseburger.

Nel suo corroborante nuovo libro Things that bother me (che, tra parentesi, potrebbe essere il titolo di molti altri libri, e della maggior parte delle rubriche degli opinionisti, se tutti fossimo sinceri come lui) lo fa continuamente.

Prendiamo, per esempio, il vecchio dilemma del “libero arbitrio”, o meglio un suo aspetto specifico: quali sono le cose che ho realizzato nella mia vita delle quali posso rivendicare il merito? Di sicuro siamo tutti d’accordo sul fatto che figli del privilegio come Trump, che sono già nati nell’abbondanza, non hanno alcun merito per essere diventati ricchi. Ma, come dimostra chiaramente Strawson, la faccenda non è così semplice e può diventare abbastanza imbarazzante.

Seguire un piano d’azione
E se siamo ricchissimi, ma lo siamo diventati grazie alla nostra intelligenza? Siamo stati fortunati a nascere intelligenti. E se le differenze di intelligenza dipendessero dalla cultura e non dalla natura? Anche in questo caso si tratta di fortuna: non abbiamo scelto i nostri genitori né buona parte dei nostri insegnanti, e comunque, potremmo non essere stati dotati dell’autodisciplina necessaria per imparare da loro. D’accordo, ma se ci fossimo imposti quell’autodisciplina? È sempre questione di fortuna, vuol dire che siamo stati dotati di un carattere capace di coltivare l’autodisciplina.

Andando a ritroso si arriva sempre a un punto di partenza che non può essere dipeso da noi

E potremmo andare avanti così all’infinito: qualunque sia la nostra posizione sociale, ci siamo arrivati seguendo un piano d’azione. Ma anche se quel piano d’azione fosse tutto opera nostra, dovevamo comunque essere il tipo di persona in grado di realizzarlo; e anche se fossimo diventati quel tipo di persona con il sudore della fronte, dovevamo comunque essere il tipo di persona che aveva la forza di farlo…

Alla fine, andando a ritroso si arriva sempre a un punto di partenza che non può essere dipeso da noi. La preoccupante conclusione di questo ragionamento è che una persona che è nata povera, che non ha avuto il sostegno dei genitori, che è riuscita a fatica ad andare all’università e finalmente ha raggiunto con grande fatica il successo, deve il suo trionfo alla fortuna non meno, tanto per fare un nome, di Eric Trump. O per dirla in poche parole come fa Strawson: “La fortuna inghiotte tutto”.

Tra le altre cose, questo influisce anche sul modo in cui oggi parliamo di “privilegi”. Indubbiamente qualcuno è più avvantaggiato grazie al suo genere, alla razza o alla classe sociale alla quale appartiene. Ma se è vero che la fortuna inghiotte tutto, l’unica cosa che resta è il diverso grado di privilegio: non solo le condizioni sociali in cui nasciamo dipendono dalla fortuna, ma anche le nostre abilità e il nostro carattere.

Dobbiamo lottare con tutte le forze per rendere la società meno sessista e razzista, ma il risultato non sarà un mondo in cui l’ambiente di nascita conta di meno, sarà una società meno sessista e razzista in cui la nostra origine sociale è ancora fondamentale.

Mi rendo conto che numerose persone, alcune delle quali sono molto più acute di me, non condividono questa idea del libero arbitrio, ma io l’ho sempre trovata impeccabile. È abbastanza inquietante, ma la sorte ha voluto che nascessi così.

Da ascoltare

La discussione sul dilemma del libero arbitrio tra Galen Strawson, Helen Beebee e Simon Blackburn in una bella puntata del 2011 del programma di In our time della Bbc.

(Traduzione di Bruna Tortorella)

Questo articolo è uscito sul quotidiano britannico The Guardian.

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