L’anno scorso il miliardario statunitense Bill Gates, filantropo e fondatore della Microsoft, ha dichiarato che la pandemia rischiava di mettere in ginocchio i servizi sanitari africani e poteva provocare dieci milioni di morti nel continente. Gates è stato criticato per aver alimentato lo stereotipo dell’impotenza africana. E lo stupore dei mezzi d’informazione occidentali, disorientati per il fatto che gli africani non stessero morendo quanto gli statunitensi e gli europei, è stato accolto con lo stesso sdegno. Oggi, mentre i morti per covid-19 aumentano in tutta l’Africa e l’accesso ai vaccini per molti resta un miraggio, vengono evocati di nuovo scenari apocalittici e si fanno riflessioni sull’incapacità del continente di opporsi alla sua triste sorte. Solo che stavolta sono gli stessi africani a diffondere quest’idea.
Il 27 luglio, in un articolo pubblicato sulla rivista Nature, il dottor Mosoka Fallah, ex direttore dell’Istituto nazionale di sanità pubblica della Liberia, ha dichiarato che “i decessi di massa per il covid-19 in Africa sono cominciati” e che “i ricchi del mondo devono intervenire”. Larry Madowo, da poco nominato corrispondente per la Cnn in Kenya, ha raccontato in un articolo di aver perso lo zio a causa del covid-19, e di avere un tuffo al cuore ogni volta che riceve una chiamata da casa, dove sua nonna è attaccata a un ventilatore polmonare. “Mia nonna ha 96 anni ma è una delle centinaia di milioni di persone nei paesi in via di sviluppo che fino a poco tempo fa non erano state vaccinate, perché i paesi ricchi hanno tenuto per sé la maggior parte delle dosi”. Madowo ha aggiunto che anche in paesi come il Ruanda, dove c’è l’obbligo di usare mascherine e del distanziamento sociale, confinamenti e coprifuoco continuano a essere una costante della vita quotidiana, “perché solo i vaccini proteggono”.
Una dinamica di dipendenza
Si annunciano tempi duri. L’Africa è impreparata: poco più dell’1 per cento della popolazione è vaccinato, i letti nei reparti di terapia intensiva o le macchine per l’ossigeno non bastano e il tasso di mortalità tra le persone gravemente malate è più alto rispetto alla media mondiale. Ma la situazione non è disperata. I vaccini sono la migliore protezione che le società possono ottenere, e riducono notevolmente le possibilità di malattia grave, ricovero e morte. Ma, come ha dimostrato l’esperienza, anche nel ricco occidente non risolvono ogni problema. E senza una vaccinazione universale non sostituiranno le altre misure come mascherine e distanziamento sociale. Può darsi che i paesi africani non abbiano vaccini, ma molti sono in grado di mettere in campo misure come le campagne d’informazione, i test, il tracciamento dei contatti e il confinamento. Non dipendono unicamente dalla buona volontà dei loro salvatori bianchi.
L’occidente si è comportato in modo abominevole riguardo alle forniture di vaccini, accumulando riserve di cui non ha bisogno per persone che non vogliono vaccinarsi. Anche quando ha donato delle dosi, come ha fatto di recente il Regno Unito, si è trattato di lotti così vicini alla data di scadenza che le difficoltà di distribuzione potrebbero renderli inutili. Perfino il miliardo di dosi offerte dai paesi del G7 sembra una goccia nel mare, visto che sette miliardi di persone nel mondo vivono nei paesi in via di sviluppo. La scrittrice keniana Nanjala Nyabola ha sottolineato la “dinamica di dipendenza” generata dall’occidente, che nega ai paesi africani l’opportunità di comprare i vaccini e si oppone alla sospensione dei brevetti, che permetterebbe ai paesi in via di sviluppo di produrre vaccini.
La strategia di far vergognare i ricchi e costringerli a comportarsi bene però non ha mai prodotto risultati. Sarebbe meglio mettere i governi africani, come quello keniano, di fronte alle loro responsabilità per l’incapacità di preparare la popolazione alla lotta contro il virus. In tutto il continente gli stati hanno adottato un approccio securitario, che invece dei medici ha usato la polizia per gestire la pandemia. In Kenya, fino a poco fa, i discorsi su igiene delle mani, mascherine e distanziamento sociale erano praticamente scomparsi, con il governo che si era concentrato sulla ricerca di vaccini. Tuttavia il 30 luglio, mentre la variante delta minacciava di mettere in ginocchio il sistema sanitario, il governo ha annunciato nuove limitazioni, prolungando il coprifuoco e vietando i raduni. Ma il comportamento del governo keniano e di altri in tutto il continente lascia molto a desiderare. Nell’ovest del paese la variante delta sta gettando scompiglio, soprattutto a causa di una gestione pubblica sconsiderata.
Anche per quanto riguarda l’apartheid vaccinale, l’Africa non è più il “continente disperato” dell’immaginario occidentale. Le persone e i governi del continente possono fare molto per prevenire lo spettro della mortalità e della miseria di massa. L’assunzione di responsabilità, più della beneficenza, è forse il miglior strumento a disposizione del continente per uscire dalla pandemia.
(Traduzione di Federico Ferrone)
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