Era già una campagna elettorale fragile. Volatile, all’inseguimento delle polemiche quotidiane e delle promesse demagogiche ora di uno ora dell’altro. Alla mercè di scandali come quello dei conti truccati del Monte dei Paschi di Siena.
Si diceva che era colpa dell’inverno se i politici erano obbligati a disertare le assemblee e le piazze pubbliche per affollare invece la tv, dove le parole scorrono via. E mentre tutti discutevamo se la campagna sarebbe sopravvissuta alla trasmissione, sulla Rai, del festival di Sanremo (dal 12 al 16 febbraio), l’annuncio delle prossime dimissioni del papa la fa sparire del tutto.
“Oltretevere”, come dicono gli italiani per parlare del Vaticano, un anziano di 85 anni che si sente alla fine delle sue forze decide, in piena coscienza e libertà, di abbandonare la sua missione “per il bene della chiesa”. “Un fulmine a ciel sereno”, ha commentato il cardinal Sodano, che getta una luce spietata su un’Italia gerontocratica in cui le dimissioni degli alti gradi si contano sulle dita di una mano. L’esempio risuonerà sicuramente come una provocazione per una classe politica attaccata al proprio mandato come una cozza allo scoglio, sempre più vecchia e concentrata su se stessa.
Non vorremmo essere al posto di Silvio Berlusconi, 76 anni, che per riuscire a sfuggire ai giudici è alle prese con la sua sesta campagna elettorale, quando dovrà commentare la decisione di Benedetto XVI. Dirà sicuramente che lui sprizza energia da tutti i pori, anche se, appena due settimane fa, ha dovuto abbandonare un incontro per un leggero malessere. Né vorremmo essere al posto di Giorgio Napolitano (87 anni), il presidente della repubblica, ancora vigoroso, e per il quale alcuni pensano a un secondo mandato che prolunghi quello che si concluderà dopo il voto.
Neppure vorremmo essere al posto di Pier Luigi Bersani (sinistra) e Mario Monti (centro) che, anche se più giovani (61 anni il primo, quasi 70 il secondo) non rappresentano, francamente, una novità.
Nei loro primi commenti, tutti hanno lasciato intuire una forma d’invidia, subito repressa, davanti a un gesto così inaudito (bisogna risalire al quattrocento per trovare un precedente). Per Giorgio Napolitano si tratta di un “gesto di grande coraggio e di straordinario senso di responsabilità”. Mario Monti, che contava (un po’) sull’appoggio della chiesa, si è detto “molto scosso da questa notizia inattesa”. Pier Luigi Bersani parla di una notizia “storica due volte”: “Prima di tutto perché è una decisione rarissima e poi perché questo papa non prende decisioni per debolezza”.
In questa Italia in cui la voce della chiesa è preponderante anche quando tace, le dimissioni del sovrano pontefice avranno un effetto su ciò che resta di questa campagna elettorale. “È un gesto rivoluzionario”, ha reagito il cattolicissimo Pierferdinando Casini, un sostenitore di Mario Monti che si prepara a tornare in parlamento per un quarto mandato. “Questa decisione ci allontana ancora di più dal festival delle promesse elettorali”. Anche se questo non impedirà a nessuno di farle.
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