Le trattative in vista della formazione del nuovo governo sono di fatto congelate e sospese in attesa delle conclusioni dei dieci saggi incaricati di elaborare un programma di base. Di conseguenza la classe politica comincia a interessarsi a un altro obiettivo: l’elezione del prossimo presidente della repubblica, che dovrebbe riprendere i negoziati per designare il presidente del consiglio o rimandare gli italiani alle urne in caso di fallimento. Cosa che l’attuale titolare, Giorgio Napolitano, non può più fare.
La vita politica italiana è decisamente piena di risorse e la democrazia parlamentare ha il vantaggio (o l’inconveniente) di offrire sempre nuove alternative. Come in un circolo di tennis: appena un campo è indisponibile per una partita, se ne libera un altro. O come nel calcio: una squadra fuori dalla corsa per lo scudetto può concentrarsi sulle Coppe e viceversa.
Un piccolo promemoria: l’attuale mandato del capo dello stato terminerà ufficialmente il 15 maggio. Il voto per eleggere il suo successore dovrebbe cominciare il 18 aprile. Nonostante le forti pressioni che sono state esercitate nei suoi confronti, Napolitano, che festeggerà le sue 88 primavere in giugno, non ha alcuna intenzione di ricandidarsi. A lui si deve la nomina di Mario Monti nel novembre del 2011 (una soluzione preferita all’organizzazione di elezioni anticipate).
Per alcuni si è trattato di un errore, un “rifiuto della democrazia”, per altri un’idea geniale. In realtà hanno tutti ragione: l’immagine dell’Italia sulla scena internazionale ne è uscita innegabilmente migliorata e lo spread che misura la differenza tra il tasso d’interesse sui titoli di stato tedeschi e quelli italiani è sceso; d’altro canto gli italiani, privati di elezioni nel 2011, si sono presi la loro rivincita nel 2013 dando 8,5 milioni di voti a Beppe Grillo.
In effetti la carica è tutt’altro che onoraria. Il presidente della repubblica italiana non è la regina d’Inghilterra, anche se i rituali compassati del Quirinale e il suo stile di vita superano in consuetudini e spese quelli di Buckingham Palace. In periodi di crisi – che certo non mancheranno nei prossimi anni – è verso di lui che si volgeranno gli sguardi e le aspettative di tutti. È il presidente che vigila sull’unità del paese, è il capo delle forze armate e presiede il consiglio superiore della magistratura, cosa che preoccupa Silvio Berlusconi.
Per essere eletto il nuovo presidente della repubblica deve raccogliere intorno al suo nome i due terzi degli aventi diritto al voto nel corso dei primi tre scrutini. La maggioranza assoluta a partire dal quarto. Non ci sono limiti di scrutini. Napolitano fu eletto nel 2006 alla quarta votazione; Oscar Luigi Scalfaro, nel 1992, alla sedicesima. A votare sono i deputati, i senatori, i senatori a vita e i 58 delegati regionali, in totale 1.007 persone. Sulla carta la sinistra dispone di 495 parlamentari, Lista civica (il partito di Mario Monti) di 71, la destra (Lega e il Popolo della libertà) di 268, il Movimento 5 stelle di 164. L’elezione si svolge alla camera dei deputati, dove si dovranno aggiungere circa 400 seggi supplementari.
Ogni schieramento vorrebbe ovviamente che fosse eletto il proprio candidato, anche se la tradizione spinge a cercare prima di tutto una personalità “al di sopra dei partiti”. In ogni modo, racconta la giornalista di Repubblica Concita De Gregorio nella sua inchiesta del 3 aprile dedicata all’elezione del presidente della repubblica, “il segreto, quello, è intatto. Il varco per entrare nella porta si trova all’incrocio fra il calcolo e il caso”. “Non c’è metodo che garantisca la vittoria”, racconta Paolo Cirino Pomicino, ex leader della defunta Democrazia cristiana, “solo degli errori da non fare”.
E il primo è quello di candidarsi. Una mancanza di buongusto. Non si è candidati all’elezione alla presidenza della repubblica, anche se spesso lo si vorrebbe. Bisogna quindi volgersi verso coloro che tacciono per identificare i possibili candidati, concentrando le ricerche nello schieramento della sinistra alla quale mancherebbero solo nove voti per ottenere la maggioranza alla quarta votazione. Da quanto tempo Romano Prodi, l’ex presidente del consiglio di centrosinistra, non ha più rilasciato dichiarazioni? E il suo predecessore Massimo D’Alema? Ed Emma Bonino, l’ex commissario europeo che secondo un sondaggio Ipr Marketing sarebbe la preferita dagli italiani? La stessa che diceva “è più facile vedere una donna cardinale che presidente della repubblica italiana”, adesso preferisce tacere. Curioso, non è vero?
Traduzione di Andrea De Ritis.
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it