È l’uomo più tranquillo d’Italia. Mentre Beppe Grillo si arrabbia, si agita e caccia dal Movimento 5 stelle i suoi dissidenti, mentre il fondatore della Lega nord Umberto Bossi e il suo segretario Roberto Maroni si litigano quello che rimane del partito in un’atmosfera crepuscolare, mentre Silvio Berlusconi si avvia verso l’ineleggibilità, Enrico Letta si mostra sereno, distaccato dalle vicissitudini nazionali, tranquillo. Cinquanta giorni dopo il suo arrivo a palazzo Chigi a capo di un governo di coalizione, sembra zen come un monaco giapponese.
Almeno questa è l’immagine che ha voluto dare di sé giovedì 20 giugno durante una lunga conferenza stampa nella sede dell’Associazione della stampa estera a Roma. Passando con disinvoltura da un argomento all’altro, eludendo quello troppo politico sulla durata di vita del suo governo mentre le sorti giudiziarie e politiche di Berlusconi sono in discussione (“Non credo che ci saranno conseguenze di nessun tipo da parte delle vicende carattere giudiziario rispetto alla sua stabilità”), Letta vuole vedere solo il “bicchiere mezzo pieno” e ha ragione a sperare.
Prendiamo l’Europa per esempio. Un argomento detestato da un gran numero di europei. Mentre pochi dei suoi colleghi si arrischiano ad avventurarsi sul terreno dell’eurofilia, lui invece lo fa senza problemi. Il suo scopo? Fare dell’Italia, che ha votato in febbraio per una maggioranza di candidati antieuropei (Berlusconi, Grillo e la Lega nord), “il paese più europeista” e “all’avanguardia nella costruzione degli Stati Uniti d’Europa”.
“Non è vero che l’Europa è un problema, che è colpevole della crisi, al contrario è la storia di un successo”, afferma Letta contro ogni evidenza e dall’alto della sua gioventù (46 anni). Per lui “questa storia è raccontata male” e la prossima adesione della Croazia e l’entrata della Lettonia nella zona euro sono delle “buone notizie”. Questo è il discorso che si appresta a fare a David Cameron, che incontrerà il 16 e 17 luglio a Londra. Non sarà facile e soprattutto dovrà armarsi di molta pazienza.
Ma il prossimo appuntamento sarà a Bruxelles. Forte delle sue convinzioni (che di questi tempi sembrano quasi inedite), il presidente del consiglio vuole fare della lotta alla disoccupazione dei giovani l’argomento decisivo del vertice della prossima settimana. Con coraggio mette in guardia i suoi colleghi: “Se torneremo da Bruxelles con un discorso debole, di routine, creeremo le condizioni per dare vita al futuro parlamento europeo più antieuropeista della storia dell’Unione europea. La sera guardando il telegiornale le famiglie capiranno se i dirigenti si saranno occupati di qualcosa che li riguarda o meno”.
In un paese in cui la minima dichiarazione di Berlusconi o di Grillo fa più chiasso del lavoro quotidiano del suo governo, Letta sa che non ha a disposizione le armi migliori per far parlare di sé. Nel frattempo ha scelto il suo stile: caparbio, poco brillante ma sincero, meno spumeggiante del Cavaliere e meno complicato di Mario Monti, i suoi due predecessori. “So”, conclude Letta, “che tutto quello che riguarda Berlusconi vi affascina più di tutte le cose noiose che vi racconto. Ma è il mio mestiere”. E finora lo fa piuttosto bene.
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