Il giovane sindaco di Firenze è arrivato primo nella consultazione organizzata nei settemila circoli per indicare il prossimo segretario del Partito democratico (Pd). Ha ottenuto il 46,7 per cento delle preferenze tra i 300mila votanti. È seguito da Gianni Cuperlo, il candidato dell’apparato (con il 38,4 per cento), da Pippo Civati (il 9,2 per cento) e da Gianni Pitella (il 6 per cento).

Da notare che questa votazione ha attirato 160mila elettori in meno rispetto alla corrispondente consultazione del 2009, che aveva portato Pierluigi Bersani alla presidenza del Pd.

Solo i primi tre potranno partecipare alle primarie, che si svolgeranno l’8 dicembre. Questa votazione sarà aperta a tutti i simpatizzanti, a condizione di fornire un documento di identità e di pagare due euro di partecipazione per le spese. I candidati si incontreranno il 29 novembre in un dibattito che sarà trasmesso su Sky.

Per Renzi, 38 anni, il risultato è già una rivincita sulle primarie del dicembre del 2012, quando i simpatizzanti gli avevano preferito Bersani per guidare la coalizione di sinistra alle elezioni. Tanto più che è convinto che per arrivare un giorno alle più alte cariche dello stato si deve prima controllare il partito.

Anche se il suo margine è ridotto, questa prima vittoria di Renzi è sintomatica del cambiamento del Pd, nato nel 2007 dalla riunione di ex militanti del Partito comunista e dei centristi di sinistra. Tutti i suoi leader (Walter Veltroni, Bersani e oggi Guglielmo Epifani) hanno militato nel Pci, a eccezione di Dario Franceschini che ha assicurato l’interim per qualche mese nel 2009.

Matteo Renzi appartiene invece alla “generazione post-ideologica”. Cresciuto in politica nelle file del Partito popolare italiano e nei circoli di sostegno all’ex presidente del consiglio Romano Prodi, in Francia lo si potrebbe considerare più vicino a François Bayrou che a Martine Aubry. Ma i suoi modelli sono soprattutto anglosassoni: Tony Blair e Barack Obama. Ed è proprio quello che gli rimproverano i suoi rivali, che temono che la sua vittoria significhi una fuga dei militanti più a sinistra.

Politicamente flessibile, seducente e telegenico (impossibile non vederlo in tv, dove è intervistato quasi tutti i giorni), Renzi ha tuttavia qualche scheletro nell’armadio imbarazzante per un futuro leader della sinistra. Nel dicembre del 2010 ha pranzato con Silvio Berlusconi nella sua villa di Arcore (“Mi somigli”, gli avrebbe confidato con ammirazione il Cavaliere) e ha ottenuto - quasi suo malgrado - il sostegno del miliardario Flavio Briatore. Insomma, siamo molto lontani da Gramsci e da Berlinguer!

“Oltre al fatto di avere poche idee, Renzi è anche superficiale e ignorante”. La critica viene da Massimo D’Alema, 64 anni, ex responsabile dei giovani comunisti negli anni settanta, ex presidente del consiglio, ex ministro degli esteri e figura centrale della sinistra italiana. Insomma, la seconda manche promette faville…

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