Non è la prima volta che in Italia i calendari politici e giudiziari entrano in collisione. Ma la concomitanza tra la discussione della riforma del senato a partire da mercoledì 16 luglio e il verdetto in appello previsto per venerdì 18 sul processo Ruby, in cui Silvio Berlusconi potrebbe vedere confermata la sua pena a sette anni di prigione per concussione e prostituzione minorile, rischiano di complicare parecchio la vita del governo.
Il presidente del consiglio Matteo Renzi si dice fiducioso sulla possibilità di trovare una maggioranza su questo progetto, che è la pietra angolare della “rivoluzione immediata” che ha promesso quattro mesi fa ma che tarda a realizzarsi. Con questa riforma, se sarà votata, l’Italia volterebbe definitivamente la pagina del bicameralismo perfetto in vigore dal 1948.
Il nuovo senato, ribattezzato “camera delle autonomie”, sarebbe composto da cento membri scelti tra i consiglieri regionali e i sindaci delle grandi città eletti a suffragio indiretto dai loro pari. I senatori non voterebbero più né la legge di bilancio né la fiducia, ma parteciperebbero all’elezione del presidente della repubblica.
Rassicurato dagli emissari di Berlusconi, che affermano che l’accordo concluso nel dicembre del 2013 con l’ex cavaliere è ancora valido, il capo del governo non ha dato seguito alla tardiva proposta del Movimento 5 stelle di unirsi al dibattito per arrivare a una riforma più consensuale. In parole povere, Renzi ha spiegato che non si cambia partner di doppio a partita cominciata.
Ma Berlusconi, già condannato per frode fiscale ed escluso dal parlamento, sarà ancora in grado di tenere a bada le sue truppe se la corte d’appello dovesse confermare il verdetto di prima istanza? Di fatto Forza Italia è un esercito in rotta. Dopo la cocente sconfitta alle elezioni europee, un numero sempre più ridotto dei suoi parlamentari crede che Berlusconi riuscirà a rimettersi in sella per condurli verso nuove vittorie. I suoi senatori gli rimproverano inoltre il patto firmato con Renzi, che li farebbe scomparire alla fine di questa legislatura.
Per questi ribelli la votazione della riforma del senato, che probabilmente avverrà la settimana prossima dopo la discussione di più di 1.500 emendamenti, potrebbe essere l’occasione ideale per cogliere due piccioni con una fava, tanto più che potranno contare sui voti del Movimento 5 stelle e di alcuni dissidenti del Partito democratico.
In questo modo potrebbero silurare la riforma più simbolica di Renzi e far capire a Berlusconi che Forza Italia, il partito che ha fondato, finanziato e guidato in tanti successi elettorali dal 1994, può fare a meno di lui.
(Traduzione di Andrea De Ritis)
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