Matteo Renzi non demorde. Nonostante i pareri contrari e una schiera di circa dieci paesi pronti a respingere la candidatura, il presidente del consiglio italiano vuole imporre il suo ministro degli esteri Federica Mogherini (41 anni) come alto rappresentante per gli affari esteri dell’Unione europea.
In queste ore Renzi ha precisato che, in caso di rifiuto, presenterà la candidatura dell’ex premier Massimo D’Alema. L’ossessione di Renzi che l’incarico vada a un italiano è abbastanza misteriosa.
Federica Mogherini è considerata troppo filorussa dai suoi detrattori, che sono soprattutto nei governi dei paesi ex satelliti dell’Urss. Anche se la sua posizione sulla crisi ucraina non è molto lontana da quella di Francia o Germania, la sua recente visita a Mosca e l’invito rivolto a Vladimir Putin a partecipare a un vertice economico (in programma a Milano in ottobre) non hanno certamente rassicurato i suoi avversari, che la ritengono anche troppo inesperta.
Quanto a Massimo D’Alema, è tacciato di essere troppo filoarabo da quando nel 2006, da ministro degli esteri, è stato immortalato a braccetto con un deputato di Hezbollah per le strade di Beirut. Inoltre, secondo una fonte diplomatica, “l’Italia non ha mai brillato per la sua politica estera”, spesso ispirata politicamente da Washington ed economicamente dalla Russia, da cui l’Italia dipende per l’approvvigionamento energetico.
Federica Mogherini, prima di entrare nel Partito democratico nel 2007, ha fatto parte dei Democratici di sinistra. Figlia di uno scenografo e regista cinematografico, e laureata in scienze politiche con una tesi sull’Islam completata durante l’anno di Erasmus a Aix-en-Provence, parla correntemente francese e inglese, ed è specializzata in relazioni internazionali.
Nel corso degli anni è stata vicina a Piero Fassino, Walter Veltroni, Dario Franceschini e Pier Luigi Bersani, prima di approdare alla corte di Matteo Renzi (dopo aver dichiarato, meno di due anni fa, che il premier doveva “fare dei progressi in materia di politica estera”). Mogherini è stata una degli artefici dell’adesione del Pd al Partito socialista europeo, di cui il partito italiano è diventato il primo componente.
Proprio su questo punto si basa l’argomentazione di Renzi: i conservatori hanno ottenuto la nomina di Jean-Claude Junker alla presidenza della Commissione europea, e dunque tocca al Pse imporre la sua scelta per la carica di Alto rappresentante per gli affari esteri. Inoltre, dato che gli europarlamentari italiani sono la maggioranza all’interno del gruppo, è dai loro ranghi che deve venir fuori il candidato. Ma il futuro capo della diplomazia dovrà faticare non poco, come dimostra la deludente parabola di Catherine Ashton, a cui i governi nazionali hanno lasciato ben poco margine di manovra.
L’atteggiamento di Renzi potrebbe avere due spiegazioni.
1) Nonostante l’insistenza di alcuni importanti interlocutori, Renzi non vuole che l’incarico di alto rappresentante per gli affari esteri dell’Unione europea sia ricoperto da Enrico Letta, il suo precedessore che potrebbe avere un desiderio di vendetta politica nei suoi confronti. In questo senso, con la nomina di Mogherini o D’Alema, l’Italia si dichiarerebbe “servita” (per usare un termine del poker) e passerebbe la mano su tutti gli altri incarichi, anche se hanno più visibilità e peso politico.
2) Alle prese con riforme che si annunciano più complesse e faticose del previsto, Renzi vuole mostrare di aver ottenuto “un piccolo risultato” al più presto, per dimostrare agli italiani che hanno fatto bene a fidarsi di lui concedendogli il 40,8 per cento dei voti alle elezioni europee. Il capo del governo si accontenterebbe di conquistare un incarico, anche simbolico, purché arrivi presto e non sia ricoperto da Enrico Letta.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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