È una notizia o no? Bisogna raccontarla o ignorarla? Un senatore cambia schieramento: e allora? Secondo il sito Openpolis dall’inizio della legislatura – nel febbraio del 2013 – sono stati 196 (su 945) i deputati che hanno lasciato il partito per cui erano stati eletti. In tutto, tenuto conto del fatto che alcuni parlamentari hanno cambiato schieramento più di una volta, i passaggi sono stati 250, quasi quanto tra il 2008 e il 2013 (261). In altre parole, una media di 10,1 al mese. Rifacciamo la domanda: è una vera notizia o no?

Sandro Bondi ospite della trasmissione In mezz’ora, il 17 novembre 2013, (Roberto Monaldo, Lapresse)

Ma il parlamentare di cui sto parlando mi è particolarmente caro. Lo ammetto, ho un debole per Sandro Bondi, l’ex ministro della cultura di Silvio Berlusconi, che si era dimesso nel 2011 in seguito all’ennesimo crollo a Pompei. Nato a Fivizzano (Toscana) nel 1959, Bondi ha dato grandi soddisfazioni. Rappresentava l’essenza stessa del berlusconismo, al quale aveva aderito fin dal 1994 dopo una giovinezza militante nel Partito comunista e nei Democratici di sinistra. Una conversione tanto rapida quanto inspiegabile. Ma si sa, la natura umana è insondabile.

Voce flebile, maniere melliflue da prelato, parlare di Bondi era sempre una gioia. Un fedelissimo, un mamelucco pronto a dormire sullo zerbino del padrone. Che piacere nell’apprendere che in occasione dei consigli dei ministri componeva dei sonetti in rima in onore dei suoi colleghi. Che nel 2006 aveva pensato di fare uno sciopero della fame per protestare contro una riforma della televisione che minacciava gli interessi del suo padrone. Che aveva rinunciato ad andare al festival di Cannes nel 2010 per protestare contro la proiezione del film Draquila di Sabina Guzzanti, che si faceva beffe di quello stesso padrone. E che ritenendo che il cinema italiano non fosse abbastanza rappresentato al festival di Venezia, aveva minacciato di scegliere lui stesso la giuria. Insomma, una manna per i giornalisti. Nessuno nell’entourage di Berlusconi mostrava un tale livello di servilismo, nessuno aveva sfidato così tanto il ridicolo per difenderlo. E tutto questo per cosa?

Oggi Bondi è stanco, stanchissimo. Poveretto. In passato coordinatore del Popolo della libertà, il grande partito di Berlusconi, non aveva più un ruolo significativo in Forza Italia, il suo modello ridotto. Berlusconi non lo chiamava, non gli parlava, si fidava solo di qualche intimo: la fidanzata, la segretaria e il suo cane Dudù. Era troppo. Così Bondi, con il cuore a pezzi, ha deciso di andarsene e abbandonare alla sua sorte colui per il quale avrebbe dato la vita. La settimana scorsa ha annunciato la sua uscita da Forza Italia – che ormai raccoglie solo il 13 per cento delle intenzioni di voto – per entrare a far parte del gruppo misto.

Ora Bondi dice che bisogna sostenere il governo di Matteo Renzi, che adesso è il futuro dell’Italia. E Berlusconi, chiuso nel suo disprezzo, non ha pronunciato neanche una parola di rimpianto. Che ingrato.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

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