1. The phenomenal handclap band, 15 to 20

Be’, arriva questo fotografo (Riccardo Del Conte) con un cd fresco di New York. Dice che è la band del momento. Poi salta fuori che la band apre per i Franz Ferdinand. Poi c’è questo pezzo con una donna rap che suona un po’ tipo Blondie, con un bassotto funky sguinzagliato dietro a batterie di Starsky & Hutch e l’organetto un po’ Doors e i chitarronzi blues. Allora uno ascolta, senza parlare. Perché un pezzo così è come una gomma da masticare per le orecchie. Brooklyn, ovviamente. Un vero reperto storico, da riascoltare.

2. A place to bury strangers, Lost feeling

Sempre Brooklyn. Ma più che sul ponte, la tendenza è giù dal ponte, o sotto un treno. Per chi si sente molto dark ma anche un po’ Pitchfork, per chi ama le band che torturano le loro chitarre dietro pareti di introversione (il cosiddetto shoe­gaze, che consiste nel suonare su un palco in stato catatonico, come se si stessero fissando le punte delle scarpe), ecco gli APBTS, il trio estraniato hot del momento, con l’album Exploding head, che fa pensare (non solo il titolo) al primo David Lynch, e un sepolcro di emozioni da condividere.

**3. Zoey van Goey, Two white ghosts **

Teaching english in Japan? Sarebbe stata bene nell’ascensore di Lost in translation questa canzone. Loro sanno di laptop, caffè e biscotti fatti in una casa dello studente. È un ménage tra universitari gentili, nato a Glasgow: un Jules canadese, un Jim irlandese e una Kim Moore inglese. Questa lega di anglosassoni assortiti cosparge un campionario di short stories da classicismo pop e la freschezza del succo d’arancia; e il loro album, The cage was unlocked all along, è una cosuccia da mettere tranquillamente all’ora del breakfast.

Internazionale, numero 822, 20 novembre 2009

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