**1. Vasco Rossi,* Colpa d’Alfredo***

“Ho perso un’altra occasione buona stasera / è andata a casa con il negro, la troia”. Guardando i servizi da Rosarno torna in mente questo Vasco vintage (pezzo uscito nel 1980, in versione live del 1996 sulla recente raccolta Tracks 2). Una bella mazzata. Veniva pure da dire “ma questo ci è, ci fa, è malato, provoca??”. E invece riportava: l’aveva orecchiato da qualche parte. A sentirci bene non è mai stato difficile orecchiare cose del genere. “Razzisti noi? Ma se li accogliamo a braccia aperte, quei negroni”. Ora come allora, la realtà sorpassa la canzone.

2. Carmen Consoli, Ventunodieciduemilatrenta

“Ci è giunta voce che nel suo paese l’inciviltà regna sovrana /Ambasciatore che ingrata mansione / La rappresentanza di tale etnia subumana”. Colpa di Franz, un amico che della Consoli ha fatto una malattia; ma vabbè, qui (nel suo ultimo album Elettra) Carmen ci spedisce una cartolina inquietante da un futuro appena più onirico di questo presente da Ku Klux Klan alle vongole. Orecchiando solo una sua vocina interiore, piena di idee e venata da una loquela a tratti presuntuosa. È solo un sogno, magari: però a occhi svegli.

3. Oratio, Ce ne andremo via

Al confronto di voci angosciate old school come quella di Carmen, questi di adesso scivolano via per traiettorie surreali e citazioniste: tipo Dente o Brunori Sas. E tipo Andrea Corno in arte Oratio, con l’album* Ora ti ho* fresco di stampa: tre grazie extralarge in copertina e via pedalare, verso un country sgangherato come l’Italia, con tangenziali d’ispirazione che a volte filano, a volte marciscono nel pae­saggio. E semmai ci si affeziona all’on the road minimo: che sembra di andare dal tabacchino, e invece è una via di fuga verso posti diversi da qui.

Internazionale, numero 829, 15 gennaio 2010

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