1 Massive Attack, Paradise circus
Un loop di povere note come di xilofono alla Twin peaks, un pianoforte appena sfiorato, piccole raffiche di battiti di mani in controtempo, un basso incisivo alla maniera dei Thievery Corporation e la voce post-coitale di Hope Sandoval. Infine, una coda in cinematografico crescendo. Il peccato che è un piacere suona così, nella geografia sognata del pop. Da qualche parte tra la postmoderna Plastic beach dei Gorillaz e la gotica Shutter island di Dennis Lehane (e Martin Scorsese), su Heligoland, l’isola artificiale dei nuovi esperimenti Massive.
2 Lightspeed Champion, Marlene
La seduzione, applicata con rossetto pesante e cinismo kitsch: per questo imbizzarrito, talentuoso, improbabile soul singer britannico, heart fa rima con deutsche marks. Lightspeed Champion è un fabbricante di buonumore dal retrogusto amarognolo, una sorta di anello mancante tra i vecchi vinili Motown e Mika. Come un sedicente eroe solitario con la chitarra, che arriva in città, stende ad asciugare le sue lacrime londinesi e poi riparte all’improvviso, lasciandosi dietro una scia di profumo un po’ femminile.
3 Pocket Chestnut, Mind-Shuffled!
In sperduti saloon tra Vigevano e Mortara, e sulle diligenze che rimbalzano tra le risaie della Lomellina e le rolling hills brianzole, quattro cowboy lombardi cercano di farsi giustizia da soli. Tutto quello che vogliono sono un pugno di castagne e un po’ di country rock che riscaldi come un falò. Chissà se c’è spazio per la campagna alternativa nei panorami postindustriali della Capannonia padana; ma qualche giardinetto coltivato in fiore oltre i cancelli si sente (e si ascolta: l’ep A route to peruvian bistrot da scaricare su myspace.com/pocketchestnut).
Internazionale, numero 837, 12 marzo 2010
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