1. Riccardo Tesi e Maurizio Geri, Maggio

Featuring Piero Pelù che esclama e rappa l’antico buonumore toscano, così come raccolto da Caterina Bueno, che ha fatto con le melodie popolari della regione quel che i fratelli Grimm fecero con le favole germaniche: scovarle, registrarle, riprenderle in forma godibile ai più. Giusto che due suoi ex scudieri dedichino un album al suo canzoniere e che siano della partita Gianna Nannini, Nada, David Riondino, al servizio di un lavoro di raffinato folk italico. Pronto da far rifiorire e da cogliere in tutto il suo profumo di campo.

2. Kento, Ciò che non siamo

A braccetto con H.P. Lovecraft, e con in tasca gli Ossi di seppia di Montale, in giro per i projects di Reggio Calabria. Kento, che viene dalla gang reggina Kalafro Sound Power, sprizza energia da brigante in tutto Sacco o Vanzetti. Come un Nas rinato sullo stretto, come un Guccini con il flow. Chitarra e tamburi e scratch e niente “solita retorica terronica”: quello che distingue i rapper veri dai dopolavoristi del microfono è il senso di necessità, di voglia di rappresentare se stessi, il proprio mondo immaginario, e tutt’attorno le incrostazioni del reale.

3. Dead Weather, Die by the drop

Un ritmo di piano, come uno stillicidio di una nota sola. Percussioni in controtempo. Vocina distorta, chitarre intonarumori, un riff zeppeliniano che squarcia il buio. Da mandare in solluchero i cultori del metallo anticato, il nuovo supergruppo di Jack White, che accantona per tutto il tempo i White Stripes e si unisce a elementi scelti dai Kills, dai Queens of the Stone Age, dai Raconteurs e riparte da Nashville, Tennessee. Una prova di forza lunga un album: Sea of cowards, una barricata sonora da cui lanciare la controffensiva del rock.

Internazionale, numero 847, 21 maggio 2010

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