1. Scala & Kolacny Brothers, Smells like teen spirit

L’anno scorso, grande impressione per la Creep dei Radio­head interpretata da un coro femminile e incollata sul trailer di Social network. Ecco, per un vero sociopathic network, ascoltate l’opera omnia dell’ensemble dei fratelli belgi Stijn e Steven Kolacny (live nell’antologia Scala & Kolacny Brothers). Il ventennale di Nevermind dei Nirvana e del loro inno più sociopatico in fondo merita una celebrazione così, con una quarantina di voci adolescenziali che sembrano uscite da Suspiria. Come una messa laica a suffragio di Kurt Cobain.

2. Simona Severini, La belle vie

“Oui la belle vie, on s’enlace, on est triste, et l’on traîne”. È una bella versione, questa, di una vecchia chanson sulla finta allegria della solitudine di Sascha Distel, e fa piacere che sia di una cantante jazz milanese, classe 1986, che debutta con La belle vie e si trova a meraviglia con il francese, Gabriel Fauré e Victor Hugo. Ce mortel ennui poteva essere un altro titolo e, per carità, è un’altra grande canzone (di Gainsbourg) da lei interpretata, mica un modo di dire che, a non essere nel mood bleu, ci potrebbe anche scappare lo sbadiglio sans problèmes.

3. Luigi Maieron, Vino tabacco e cielo

Bisogna immaginarsi un Tom Waits nato nel ‘54 e cresciuto in Carnia, a pane coltello e panorama sinistro negli occhi; abituato a misurarsi con vicini di Dolomiti ispidi affabulatori come Mauro Corona, chissà magari una chitarra intagliata a mano sul legno di cirmolo (qui si sta improvvisando). E musica da osteria senza tempo; non è cantautorato, sono voci del bosco e della vita. Con la mediazione di un poeta, questo è ovvio; uno di quei poeti scontrosi di montagna che è difficilissimo far rotolare giù a valle. Chissà in friulano come si dice ennui.

Internazionale, numero 907, 22 luglio 2011

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