1. Tanita Tikaram, Twist in my sobriety (podcast version)
Le avremo sentite tutte: sul sobrio signore che prende il tè a Shanghai, sugli Eurostar sobri della moglie, e su questa nuova sobrietà onnipervasiva, e in attesa che l’Italia si riprenda al più presto possibile, perché non adottare come inno provvisorio questa elegante, essenziale popsong del 1988 di una piccola gran signora con mezze ex colonie britanniche nel sangue, che poi sfumò in un anonimato da arrondissement austero. Di quest’anno, e reperibile in rete, la versione unplugged, per cello e sobrietà, della sua signature song.
2. Tiziano Ferro, Interludio: 10.000 scuse
L’amore è una cosa semplice, ma non è affatto semplice mettere insieme certi pezzi di Tiz. La differenza tra lui e quasi tutte le altre popstar d’Italia è un riflesso a trascendere la paraculaggine del buon pop, e trovare lo scarto e una scappatoia. Più ancora che negli occhioni da cerbiatto coming out, c’è nel suo lavoro vocale una generosità d’artista di cui si son quasi perse le tracce. Ah, e poi sull’album registrato da ganziferi a Los Angeles c’è anche Vinnie Colaiuta alla batteria, che fa subito pensare ai tempi d’oro di Frank Zappa. Feelgood!
3. Smith & Burrows, Wonderful life
L’album più improbabilmente feelgood di fine anno, Funny looking angels è figlio di un duo delle piccole cose: il cantante degli Editors Tom Smith, l’ex batterista dei Razorlight Andy Burrows. Cantano brilli come cherubini da karaoke con rauche polifonie, pochi strumenti e molta speme inni natalizi brit per nulla cool e pezzoni anni ottanta, come la sublime Only you degli Yazoo e questa vita meravigliosa, che era di un bianco che si faceva chiamare Black. Il tutto magari fa venire pelle di tacchino e voglia di sereno pauperismo natalizio. Merry crisis!
Internazionale, numero 927, 8 dicembre 2011
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