1. VeneziA, Dolce è la sera

Alcuni western nascono nei garage della profonda provincia palermitana; nell’aria il puzzo di gomme bruciate e nella memoria robe scritte da Giorgio Vasta. La musica di questo trio a sonagli, raccolta nell’album La culla, è come la migliore musica del peggiore western di tutti i tempi, con pistoleri di risulta e pugnalate alla milza, tra Tom Waits e certa edilizia “einstürzende Neubauten” molto Zen. Armonica a bocca e blues, colla e raucedine, tastiere lucertole e batterie calcinate; e in Andrea Venezia si sente tutta una comica maledizione d’esistere.

2. Offlaga Disco Pax, A pagare e morire…

Fare il freelance della riscossione affitto a casa di un indigente disperato aggressivo. Finire picchiato. Considerare l’opportunità di aprire una posizione Inail per un mestiere usurante: “scudo umano della classe media”. Una delle storie di Gioco di società, più che un album un suadente, straniante audiolibro di gente da Reggio Emilia (“Questa città inutilmente bella, questa città zitella”: Arturo Bertoldi, citato qui). Sfondi di economica elettronica per frammenti di vite diroccate e umili epifanie; letteratura di accessi negati e scalate sfinite.

3. L’Orso, Con i chilometri contro

Sociopatia e banjo, ritorni a casa, titoli di Tuttosport. La provincia uccide, o almeno mette sete. Mattia Barro da Ivrea versa birra in un nome da band, si stordisce al Magnolia, scrive canzoni intelligenti (le gote fanno rima con Goethe). Sulla complanare che da Brunori Sas va verso Sufjan Stevens apre un cantiere, insegue un mare di idee. Bisogna crederci, pedalare folk e inserire i fiati da qualche parte e trovare posti dove suonare e offrire download dal sito di Garrincha dischi (adesso, l’ep La domenica). Una leggerezza profonda che esce alla distanza.

Internazionale, numero 945, 20 aprile 2012

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