1. Simone Cristicchi e Franco Califano, Sto a cercà lavoro

Simpatica operazione nobil-cialtronesca (a favore della Onlus Liberi di…): reggae indolente con slide guitar, coro dei carcerati under 18 di Nisida, e catalogo di scuse, ostacoli, difficoltà che s’interpongono tra il giovane e il job. Demotivazionale: “Vorrei la busta paga pure io”? Da far rabbrividire Elsa Fornero. Il lavoro come diritto da conquistare? Si può capire er Califfo che conclude di cuore “sto a cercà lavoro da un bel pezzo dice me so’ rotto er cazzo di cercà de lavorà”, ma un cuore ventenne speriamo se la cavi meglio.

2. ‘O Rom, Čaje Šukarije

Ma perché in metrò, al posto degli storpiatori di Besame mucho, non s’incontrano mai questi? Uno dei dischi divertenti dell’estate è Vacanze romanes, di questo collettivo zingaro partenopeo, che porta omaggio a menestrelli bosniaci, ritmi balcanici, danze greco-salentine; o anche solo ai fan del Kusturica d’antan. Tra i gioielli, questa canzone che Esma Redžepova rese nota dalla Serbia alla Turchia. Possa questa ottima band proseguire nella fusione tra tarantelle alla Bregović, malefemmine macedoni, e magari qualche testo in italo-napoletano.

3. Etnia Supersantos, La jungla, le scimmie, le liane

C’è un po’ dei Talking Heads di Uh oh nel pezzo che apre L’abominevole uomo delle fogne, fresco album degli emiliani Etnia Supersantos; c’è la confortante consapevolezza di una parentela con scimmioni e primati, ingabbiati tra cemento e lamiere con le stesse dinamiche di sopravvivenza, e un minimo di rocksteady in più. Altrove c’è uno sfottò più esplicito e didascalico (fin dai titoli: La nazione al di là del teleschermo; Cazzo, stasera alla disco!) dell’antropocene all’italiana; ma è pur sempre demenza intelligente e ben suonata.

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