1. Johnnie Selfish & The Worried Men Band, Radioactivity
Da Lambrate a Fukushima, con fermate a Berlino e Nashville: la band milanese che ama il country & western e le schitarrate patchanka dei vecchi Mano Negra piazza nel nuovo album Kauntri Muzik anche una versione del pezzo dei Kraftwerk (futurismo germanico del 1975) aggiornata al disastro nucleare di Fukushima. Il tutto sotto le cure di John Wheeler, stregone del sound nella capitale del Tennessee. Banjo, chitarre distorte, mal di gola e molto mashup, come un doposbronza di Woody Guthrie nei Balcani.
2. The Souljazz, Orchestra Kingpin
Per altri attraversamenti di frontiere geograficomusicali, vale la pena di recuperare questa superband canadese di souljazz tropicale con l’album Solidarity, pieno di groove vintage filtrato da un registratore a 8 piste acquistato a una svendita e spremuto dalla ciurma di naviganti delle musiche afrolatine che collaborano con l’orchestra: da Rômmel Teixeira Ribeiro (chitarrista e compositore) al percussionista El Hadji “Élage” M’baye; senegalesi e brasileiri, tutto il caribe possibile che si può ottenere partendo da Ottawa.
3. Lucas Santtana, O deus che devasta mas também cura
Il dio delle piccole cose pop va regolarmente in vacanza in Brasile, e nell’oceano di Bahia stavolta pesca questo men che trentenne, già pupillo di Gilberto Gil e Caetano Veloso, capace di fondere solide basi bossanova con quel tipo di avanguardia pop che va da Tom Zé a Beck. Nell’album O deus che devasta mas também cura svolazzi di violini e di violão, elettrobeat e ardori amazzonici; ma soprattutto, una mano morbida nel miscelare tutti gli ingredienti forti in un pop sperimentale di ascolto piacevole. Mica poco.
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it