1. Midlake, The old and the young
C’è quell’organo trasognato e il basso elastico e una batteria che sembrano i Pink Floyd barbuti di Meddle sul treno per Yuma, anziché nelle campagne inglesi. Piacevolmente classico, ascoltabile andante texano, rock autunnale, tutto un foliage di pochi semplici elementi che divampano in toni accesi: chi ama il profondo rock non può che ammirare i paesaggi che i Midlake (più gruppo con Eric Pulido al timone dopo l’ammutinamento di Tim Smith) dipingono nell’ultimo album, Antiphon, a bocca aperta anche se è musica che si capisce benissimo.
2. Stormy Six & Moni Ovadia, Canto dei sarti ebrei della Wehrmacht
Quasi un Maus in musica; un concept album di ponderoso cabaret-canzone che racconta la rivolta nel ghetto di Varsavia nel 1943. Titolo Benvenuti nel ghetto, registrato a Reggio Emilia e (si legge nelle note ufficiali) “depurato” dagli applausi. Comunque la band (da 31 anni assente dalle scene, eppure evidentemente applaudita) evoca l’epoca; mandolini e violini sono ben oliati, Moni è Moni, struggente e depurato il giusto. Musica al sapor mitteleuropeo, accordi klezmer per ricordarsi di non scordarsi.
3. Corde Oblique, Ali Bianche
Un tipo un po’ speziale, Riccardo Prencipe; un poco farmacista quando dichiara che il suo è “neofolk ethereal-progressive”; e l’ultimo album Per le strade ripetute è un concept sui luoghi magici della Campania. Poi c’è l’orgoglio “no synths, no overdubs”, l’ethos della purezza; le tracce registrate nell’area archeologica di Baia e un bel po’ di manierismi. Però in effetti c’è vera anima in vera musica, come un Dead Can Dance mediterraneo in cerca di beatitudini difficili ma non irraggiungibili. Un album da sdraiarcisi al buio, tranquilli, senza timori.
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