1. Brunori Sas, Arrivederci tristezza
Da qualche parte tra un convento in Salento e i salumifici e capannoni del nord viaggia Brunori, cantautore a baffi alterni che fa fatica a dispiacere, anche piacioneggiando sempre meno. Maturità portata scapigliata, come se uno di questi giorni se ne potesse sbarazzare con una spuntatina. A volte si trattiene la commozione, a volte si ascolta come un amico buffo: Il cammino di Santiago in taxi, costellato di santi morti manti madonne, il Subbuteo ormai in soffitta; il viaggio a tratti è quasi sentimentale, stile Laurence Sterne nell’hinterland di Seattle.
2. Tom Brosseau, Cradle your device
Il bravo cantautore, come un Brunori del North Dakota, esamina la malattia del nostro tempo: deficit d’attenzione causa prostetico titillamento di apparecchietti tecnologici detti “device”. Il titillante perde il contatto con persone care e vicine anche fisicamente a favore di semisconosciuti lontani anche fisicamente. Assaggio dall’album nuovo, Grass punks, la cui ispirazione deriva anche dalla dichiarata dipendenza del cantante dai mezzi pubblici: meno dannosi di droghine da lupi di Wall street, espongono a ispirati contatti col mondo reale.
3. Flo, Ça ne tient pas la route
Quando ci si ritrova spiazzati in un’area di sosta della vita, tra roulotte di sconosciuti e stagnole e cestini di rifiuti con vespe che volano intorno, è bello che spunti una voce viaggiatrice come quella di Floriana Cangiano da Napoli alias Flo, mediterranea e navigante tra jazz, pirateria palermitana, geografie del desiderio. Barcellona, Macondo, Capo Verde: musicale leggerezza in spagnolo portoghese siculo e francese, tenendo sempre bene – lungo il suo album d’esordio D’amore e di altre cose irreversibili – una rotta di gentile letteratura pop.
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