1. Management del dolore post-operatorio, Il cinematografo

Ascoltare divertiti i MaDeDoPo ma mai andare al cinema con loro: sono pieni di spoiler, hanno opinioni stravaganti su tutto, un’alito attivo sulle miserie del mondo, si truccano un poco da Freak Antoni e sviluppano i loro selfie in camera oscura (“se la vita è uno sport io no, non sono un campione”), e il loro album McMao è un campionario allegramente ansiogeno alt.pop e anche un po’ pop art di immagini brillanti su sfondo opaco che va da Jim Morrison al Viagra. E comunque, che diavolo è “il cinema dittatoriale cinese”?

2. Kento & the Voodoo Brothers, Ghost dog

Essere rapper reggino di Calabria (e di talento) e agire come un ronin della rima, quando l’hip-hop vissuto e sofferto è ormai un anacronismo come il bushido: ci vuole coraggio e determinazione. Ed esce un album come Radici, con i racconti di Paolo Pietrangeli e del figlio di Peppino Impastato e le ospitate dei mejo del Fomento, e il fantasma di Gil Scott-Heron e gli strumenti veri e certe visioni vetero di quel che “fa male al capitale”. Rap da ultimo samurai in fondo alla penisola: cinema di genere ma nel suo genere è fatto molto bene.

3. Giacomo Lariccia, Mambo della gonna di Marilyn Monroe

A chi può venire in mente di dedicare una canzone al fatto che la parola “piuttosto” viene usata in maniera impropria? Piuttosto che al grisù e alle miniere nelle Ardenne? A Lariccia, il bravo-cantautore-italiano-che-vive-a-Bruxelles. Che con il suo nuovo album Sempre avanti si conferma autore di mano felice, un poco anacronistico anche nel suo pensiero positivo, che frutta canzoni ben fatte e piacevoli come quella del titolo o il gioiellino A chi. Un’infusione di buonumore, come si diceva prima della grande siccità degli umori.

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