1. Onorato e Godano, L’androide Mirna
Forse è una vena tra la Guida galattica per gli autostoppisti, Space oddity e Paranoid android: comunque il tema galattico c’è. E altrove nell’album del cantapittorscrittore gianCarlo Onorato con l’uomo Marlene Kuntz sbocciano riletture incrociate di fioriture decadenti del rock. Creature mutanti, una malinconia che impregna l’esistenza, una galassia di sostanziale solitudine condivisa davanti a un pubblico, bombardato da frastuono gentile. L’intero album Ex live, restituisce le emozioni soft e tenebrose di un sodalizio testato dal vivo.
2. Gasparazzo, Se i posacenere potessero parlare
Una sorta di Reggatta de Blanc, con quello stile minimale asciutto dei primi Police per ipotesi suggestive ma tutte da verificare sull’utilità del fumo (“quant’è mortale fumare ma quant’è vitale per il nostro chiacchierare”) però di andamento ostinatamente persuasivo. Un’altra band italiana che nasce tra Bologna e Reggio Emilia e lascia dietro di sé una scia di calore, pennellate di accordeon, e un album come Mo’ mo’ a marcare questi tempi dispari di ghiribizzo (dopodiché in Cristo è là il reggae si veste a lutto per Federico Aldrovandi).
3. The Gentlemen’s Agreement, Dire… direttore!
Pop fuori tutta che parte come se Lugi Bisignani scrivesse un thriller ticchettando sulla Lettera 43 e continua come un samba situazionista alla Tom Zé. Che siano svitati lo si capisce già quando si vede il loro cd (Apocalypse town) con il bullone in mezzo, metafora pesante su quei meccanismi industriali che pervadono l’umana esistenza e che loro provano a rendere in musica. La metafora è da Tempi moderni, ma ritmi e arrangiamenti sono da virtuosismo tropicalista; un collettivo di gentili androidi partenopei.
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