La giuria del 63° festival internazionale del cinema di Berlino. (Fabrizio Bensch, Reuters/Contrasto)
Al di là dei film premiati, che non possono mettere tutti d’accordo, anche perché espressione non solo della selezione presentata, ma anche della giuria, il festival di Berlino si è chiuso lasciando a molti l’amaro in bocca.
Il problema non è stato nell’organizzazione, né nella presenza del pubblico, che è stata notevole e calorosa. Il problema semmai, almeno a giudicare da quello che scrivono alcuni giornali tedeschi, è nell’orientamento di una manifestazione che quest’anno più del solito, ma ormai da tanto, soffre la concorrenza di altri festival.
Illuminante in questo senso un commento pubblicato dal quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung a poche ore dalla cerimonia che avrebbe assegnato l’Orso d’oro al film rumeno Poziţia Copilului (Child’s Pose) di Călin Peter Netzer (a detta di molti un buon film, ma niente di più).
Già il titolo parla chiaro. Successo o disastro? La verità, secondo il quotidiano, non sta nel mezzo. Perché è vero che le cifre della partecipazione premiano la Berlinale (300mila biglietti venduti, 3.700 rappresentanti dei mezzi di comunicazione accreditati provenienti da 80 paesi). Numerose le dichiarazioni d’amore per la città e il festival di tante stelle di Hollywood, da Matt Damon a Steven Soderbergh a una magnifica Jane Fonda.
Ma è anche vero che da un punto di vista artistico non si è visto niente di fondamentale. Secondo la Faz, il problema vero non sarebbero neanche i tanti piccoli film, meritevoli di attenzioni, che però difficilmente si guadagneranno distribuzioni internazionali. Il problema vero sarebbero proprio le eccellenze, che dovrebbero alla fine alzare il livello di tutta la manifestazione.
La Berlinale somiglia sempre di più a un festival dei festival (Sundance in testa). A dare fastidio, prosegue il quotidiano tedesco, non sono i piccoli film più o meno riusciti, ma i grandi nomi in lista, che si muovono su una scala che va dal banale all’orribile. Quindi, conclude la Faz, la manifestazione ha bisogno di riorientarsi in un mercato sempre più difficile e appiattito.
E anche Le Monde, in un articolo che pubblicheremo venerdì prossimo su Internazionale, parla di festival che non sono più in grado di puntare in alto. Un premio prestigioso a Berlino (così come a Venezia) non assicura più una distribuzione sul circuito internazionale. E quindi una diffusione importante del film.
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